mercoledì 21 aprile 2010

Zonker e i suoi orfanelli


Era convinto che non sarebbe mai morto ma aveva comunque lasciato istruzioni precise sul suo funerale. Voleva che fosse una grande festa, una sorta di meeting assolutamente all'insegna della gioia di stare insieme. Ricordo - tra le varie richieste - quella di svariate suonatrici d'arpa birmane. E poi musica, fiumi di vino e da mangiare, lanci di petali di rose, la presenza di tutte le donne della sua vita, "mi raccomando, tutte e tre", il figlio Guido che avrebbe suonato, che avrebbe cantato De Andrè in mezzo a una parata di genti, suoni, colori e momenti di allegria. Aveva lasciato scritto anche le parole da non usare: le solite, quelle scontate e piatte a cui si fa sempre ricorso tipo "vuoto incolmabile", "non ti dimenticheremo mai", persona esemplare e giù così. Se poi magari in un angolo si fosse consumata una sveltina sarebbe stata accolta come atto di gratitudine nei confronti della vita, mica come offesa alla morte. Voleva anche la bara bagnata col vino: "Mica tutto a voi, sono io che pago". E sulle ceneri: "Attenti alla direzione del vento, sennò fate la fine de Il Grande Lebovsky".
Oggi i suoi resti, dopo più di cinque anni e mezzo, saranno riconsegnati alla sua famiglia. Su quanto accaduto in Iraq, su quanto fatto e no da politici e autorità, ho sempre avuto e continuo ad avere le mie idee, ma non le vengo a scrivere su questo post. Quello che mi preme dire è che a Enzo G. Baldoni si è voluto e si vorrà sempre un gran bene perché - che gli piaccia o no - era davvero splendido. Caro Zonker, ti aspettiamo.

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