venerdì 25 aprile 2008

Non sparate ai giornalisti


Penso ai giornalisti che hanno perso la vita o anche solo a quanti di loro la mettono a rischio ogni giorno per poter svolgere con onestà e correttezza il loro mestiere. Penso ai giornalisti ammazzati o "gambizzati" dalle BR negli anni di piombo. A Walter Tobagi, ucciso per strada a Milano, a Mauro De Mauro, fatto sparire dalla mafia la sera precedente il matrimonio della figlia. Penso a Enzone Baldoni, i cui resti non sono stati ancora restituiti ai familiari, e a Ilaria Alpi. Penso ai proiettili nella gamba di Montanelli colpito in via Palestro. E a tanti altri ancora, di cui non sappiamo niente, che non vengono ricordati, che lavorano nel buio, penso a loro e ai loro familiari. Penso a me, pronta a rinunciare per questo mestiere.

Anche per questo provo ribrezzo davanti alla nuova trovata di Beppe Grillo, ai suoi "banchetti" per il "Vaffa2 Day" dedicato a noi. Riempirsi la bocca per ammaliare i poveracci è fin troppo facile.

Vogliono farsi paladini dell'abolizione dell'Ordine. E' vero, siamo gli unici in Europa, ma difendo a spada tratta i miei studi. Il percorso di formazione per diventare giornalisti, ormai, signor Grillo, si sta facendo sempre più specialistico. E' finita l'era del "faccio il giornalista, sempre meglio che lavorare" già da un pezzo. Giornalisti ignoranti ce ne sono e ce ne saranno, né più né meno che in qualsiasi altra libera professione. Non mi pare una trovata tanto geniale da dedicarci un'intera giornata. L'Ordine è lo strumento di tutela della professione giornalistica - non del solo giornalista -, garante della correttezza e della verità: il primo vero beneficiario, perciò, è il lettore. Come organismo ha anche lui le sue pachidermie, i suoi difettacci, le sue pastoie burocratiche , i suoi "arcaismi": certamente va riformato, non abolito. Senza l'ordine la situazione della stampa italiana, infatti, potrebbe solo peggiorare. E qui veniamo al secondo punto.

I giornalisti-servi del potere? Signor Grillo, il problema è a monte. Dato storico: in Italia manca da sempre quella che sui manuali chiamano "editoria pura", un editore - che è il padrone del giornale - che campi solo di questo mestiere. Sono stati e sono finanzieri, banchieri, petrolieri, agrari, zuccherieri, armatori, palazzinari, ... I giornali e i mezzi di informazione, Grillo, non i giornalisti! E' come sparare sui passeggeri perchè il treno è in ritardo. Non tutti hanno la fortuna - e l'opportunità - di fare inchiesta, perchè spesso chi si erge a "paladino della libertà", in determinati ambienti, poi paga le conseguenze. E quando si perde un lavoro - e solo quello, nel migliore dei casi - non viene certo da gridare al prossimo il vostro "Vaffa" liberatorio. Che ciascuno allora faccia il proprio mestiere. E cerchi di farlo bene.

giovedì 24 aprile 2008

La classe operaia? Va in paradiso


"Ho battuto di martello pneumatico per ott’ore in un ambiente chiuso senza altra protezione per le orecchie della carta igienica . Ho scavato sterri senza travature di contenimento delle sponde, rischiando la sepoltura da vivo. Ho imparato nei circa venti anni da operaio che la vulnerabilità delle vite a salario è una variabile e dipende dai rapporti di forza tra direzione e maestranze, non dalle leggi. Quando gli operai facevano sentire forte la loro voce , nei loro magnifici anni Settanta del secolo scorso, spuntavano migliorìe, difese, diritti. Nel lavoro manuale si vede più nudo e crudo lo spariglio delle carte in tavola. Oggi gli operai accettano una loro maggiore vulnerabilità. Non è affare cinese, di economie al galoppo, che trascurano cautele per spinta di arrembaggio. Dove stenta la crescita, come da noi, più si accanisce l’azzardo sul posto di lavoro. Non c’è rappresentanza politica di questa fanteria civile decimata, da noi vince l’idolatria dell’impresa. Ceti medi? Il mondo torna a fabbricare classi".

Erri De Luca

venerdì 18 aprile 2008

Speciale Emozioni



Voglio bene a questa redazione. Già il semplice tornare a trovarli, oltre a riempirmi ogni volta il cuore di gioia, mi dà una grande forza. Aver avuto l'opportunità di poter lavorare allo Speciale Elezioni, poi, mi ha regalato un'emozione unica e mi ha insegnato tantissimo.
Per quantro breve, questa inaspettata quanto entusiasmante esperienza lavorativa è tra le più belle che mi sia mai capitata. E ancora una volta mi è stata fatta toccare con mano l'importanza del lavoro di squadra in un mestiere come quello del giornalista. Che per me resta il più bello al mondo. Che è quello in cui voglio continuare a investire e portare avanti.
Grazie di cuore ai miei amici del TgCom.

mercoledì 9 aprile 2008

Chi ha paura dell'uiguro?


Al governo di Pechino chiedono libertà. Il regime li accusa di separatismo, estremismo e terrorismo. Sulla scia della rivolta tibetana, in Cina si è riaccesa anche quella degli uiguri-musulmani.

Gli uiguri fanno parte di una delle 56 etnie presenti sul territorio cinese, 105 milioni di persone su un totale di un miliardo e 300 milioni. Vivono nella regione autonoma dello Xinjiang, , zona al confine tra il Pakistan, l’Afghanistan e il Tagikistan, lungo l’antica Via della Seta, distante cinque ore di aereo più tre di auto da Pechino. Parlano del “Turkestan Orientale” come della loro “patria" che considerano "occupata dai cinesi".

La protesta è scattata dopo la morte in carcere di un commerciante di giada uiguro. “Blocco cardiaco” ha sentenziato la polizia, “Versione di comodo” hanno sostenuto gli uiguri, che rivendicano libertà politica e religiosa. E puntuale si è rimessa in moto la macchina della repressione.
(Foto da Wikipedia)