sabato 22 marzo 2008

Essere bambini a Gaza


La onlus Save the Children ha rivolto un appello alla comunità internazionale, a Israele e alle autorità palestinesi: nella Striscia l'anemia tra i bambini è aumentata del 40% in un anno, la diarrea del 20%. Soffrono anche di ansia e insonnia, di malattie croniche e malnutrizione.


Negli ultimi tempi le condizioni igieniche e sanitarie sono precipitate: scarsità di farmaci e di scorte di sangue negli ospedali, difficile accesso all'acqua, sistema fognario fatiscente che rischia di diffondere epidemie.


Lo staff di Save the Children, presente a Gaza da oltre 35 anni, denuncia anche problemi di accesso alla zona: il personale ha grosse difficoltà nel raggiungere donne e bambini e rispondere ai loro bisogni basilari. “Non possiamo supportare appieno i bambini con i nostri programmi di protezione, perché i nostri operatori non riescono più ad ottenere i permessi necessari per entrare nel territorio di Gaza da West Bank– sostiene David Bourns, Capo delle Operazioni di Save the Children nei territori palestinesi occupati –. Non abbiamo più carburante per le nostre macchine e quindi non possiamo spostarci, mentre la continua violenza induce i genitori a non permettere ai bambini di uscire dalle loro case. Le famiglie stanno soffrendo molto, la vita di migliaia di bambini è ancora a rischio”.


Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa Save the Children Italia Tel. 06 48070071-23 press@savethechildren.it http://www.savethechildren.it/

martedì 18 marzo 2008

Garage Lhasa


Gli ultimi aggiornamenti dal sito di Repubblica:

17:42 Kouchner: "Boicottare inaugurazione Giochi"
L'Unione europea potrebbe boicottare la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Pechino in segno di protesta contro la repressione in Tibet. Lo ha sostenuto il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner.
17:40 Kathmandou, arrestati 58 manifestanti
Almeno 58 tibetani in esilio in Nepal, fra i quali una ventina di monaci buddisti, sono stati arrestati dalla polizia nepalese a Kathmandu mentre protestavano contro la Cina davanti a un edificio dell'Onu. I manifestanti gridavano "Nazioni Unite, aiutateci!" e "Liberate il Tibet!". La polizia nepalese ha detto che i manifestanti saranno probabilmente rilasciati entro poche ore.
16:33 Tv cinese: cento dimostranti si consegnano
Cento persone che hanno partecipato agli incidenti di venerdì scorso a Lhasa si sono consegnate, secondo la tv cinese. Secondo un funzionario, si trattarebbe di persone che "hanno partecipato e in qualche caso sono state direttamente coinvolte in pestaggi, distruzioni e saccheggi". Alcuni hanno "restituito i soldi che avevano rubato".
15:48 Vittime, il bilancio del Centro tibetano
Sono almeno 39 le vittime della repressionenelle province cinesi di Sichuan e Gansu. Lo denunciano il Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia e il governo tibetano in esilio, secondo cui 20 manifestanti sono stati uccisi ad Aba, nel Sichuan, mentre gli altri 19 nella repressione nella città di Machu, nel Gansu. I 39 morti registrati oggi si aggiungono alle 80 vittime "confermate" delle violenze a Lhasa dei giorni scorsi.
14:36 Taiwan, candidato presidente minaccia boicottaggio
"Se la Cina continua a usare violenza nei confronti del popolo tibetano, se dovessi diventare presidente non escluderei l'ipotesi di non inviare la delegazione di Taiwan ai Giochi". Sono le parole di Ma Ying-jeou, candidato alla presidenza di Taiwan. Le elezioni sono in programma sabato e il nuovo capo di Stato assumerà la carica a partire dal 20 maggio.
13:48 Blog tibetani: 60 manifestanti arrestati in India
Una sessantina di manifestanti tibetani sono stati arrestati in India mentre cercavano di assaltare un'ambasciata cinese. A riferirlo è il blog 'Students for a Free Tibet'. Ieri centinaia di tibetani in esilio si sono raccolti per una veglia di solidarietà.
12:42 Cento studenti tibetani arrestati per manifestazione a Pechino
Sono stati tutti arrestati, secondo i loro compagni di studi, i circa cento studenti tibetani che ieri hanno tenuto a Pechino una manifestazione di solidarietà con i monaci e i civili che hanno partecipato alle proteste anticinesi dei giorni scorsi. Decine di poliziotti controllano tutti coloro che entrano e che escono dall'Istituto per le Minoranze dell' Università di Pechino, dove ieri si è svolta la pacifica manifestazione, nel corso della quale gli studenti hanno acceso delle candele e "pregato" per coloro che manifestano in Tibet. Non è chiaro se i giovani siano stati solo fermati o se verranno accusati di reati penali e processati
12:37 Tibet, 500 monaci in marcia
Continuano, nonostante la scadenza dell'ultimatum, le proteste in Tibet. Secondo fonti tibetane e di organizzazioni dei diritti umani, questa mattina 500 monaci del monastero Choepel Shing hanno manifestato a Dogo, nella contea di Chone (Zhouni Xian in cinese). Secondo le fonti, i monaci, dopo aver effettuato una preghiera rituale, hanno sfilato per le strade con la bandiera tibetana, chiedendo "indipendenza per il Tibet" e gridando "lunga vita al Dalai Lama". Sempre le stesse fonti, inoltre, riferiscono di nuovi arresti a Lithang, dove la polizia è intervenuta a fermare un'altra manifestazione di monaci
12:36 Governo in esilio, polizia ha sparato sulla folla a Gansu
Il governo tibetano in esilio ha dichiarato che i 19 manifestanti sono stati uccisi dalla polizia nella provincia di Gansu. "Diciannove persone sono state uccise a Machu, al di fuori di Lhasa. C'e' stata una manifestazione a Gansu questa mattina e la polizia ha aperto il fuoco sulla folla'', ha dichiarato Thubten Samphel, un portavoce dell'amministrazione in esilio. In tutto ''alle ottanta persone uccise nei giorni scorsi a Lhasa, si sono aggiunte oggi altre 19 vittime'', ha aggiunto Samphel, confermando i 99 morti
12:32 Dalai Lama contrario a boicottaggio Olimpiadi
Il Dalai Lama ha rinnovato oggi la sua ferma opposizione a qualsiasi tipo di boicottaggio contro le Olimpiadi di Pechino dichiarando che il popolo cinese non deve essere penalizzato per quello che sta succedendo in Tibet.
12:24 Governo tibetano, 19 manifestanti uccisi
Diciannove manifestanti tibetani sarebbero stati uccisi oggi dalle forze di sicurezza cinesi nella provincia centro-settentrionale del Gansu: lo ha denunciato il governo tibetano in esilio dal suo quartier generale di Dharamsala. Sempre secondo il governo esiliato, il totale dei morti "accertati" in una settimana di disordini e scontri è di 99 unità. Il governo cinese, che sostiene siano state nel complesso uccise non più di dieci persone, per bocca del premier Wen Jiabao in giornata aveva ammesso per la prima volta che, dal Tibet, le proteste si sono ormai estese ad altre parti del Paese
12:06 Dalai Lama, chiedo di vedere le prove di cui parla Wen
Il Dalai Lama respinge le accuse dei vertici di Pechino, che gli addossano la responsabilità dei disordini in Tibet, e chiede che tali accuse vengano dimostrate. "Voglio una prova imparziale che dimostri la mia responsabilità", ha dichiarato il leader spirituale tibetano durante una breve conferenza stampa a Dharmsala, nel nord dell'India. Il leader tibetano ha quindi spiegato di essere rimasto in silenzio finora, ma di aver poi avvertito la "responsabilità morale" di parlare
11:32 Tibet, 99 morti durante gli scontri
Un portavoce del governo tibetano in esilio ha confermato la morte di 99 dimostranti durante gli scontri con le autorità cinesi
09:55 Il Dalai Lama: "Pronto a dimettermi se la situazione peggiora"
Il Dalai Lama si dice pronto alle dimissioni se la situazione dovesse degenerare. Lo ha dichiarato durante un incontro con la stampa a Dharamsala, in India, sede del governo tibetano in esilio.
08:57 Manifestazione nel Nord del Tibet, chiesto intervento Onu
Oltre 2000 tibetani da tutte le province dell'India del Nord si sono riuniti a Siliguri in una delle manifestazioni più affollate da anni, chiedendo all'Onu un'inchiesta sulla repressione cinese in Tibet. Guidati da centinaia di monaci, alcuni giovanissimi, i manifestanti hanno inalberato bandiere tibetane e gridato slogan come "Vogliamo giustizia", "Vogliamo la libertà ".
08:41 Wen nega il "genocidio culturale" del Tibet
Il premier Wen respinge le accuse mosse a Pechino dal Dalai Lama: "Le affermazioni secondo cui il governo cinese è impegnato in un cosiddetto genocidio culturale sono menzogne" afferma, assicurando che la Cina intende continuare a aiutare senza esitazioni il Tibet a favorire un miglioramento della vita delle persone appartenenti a tutti i gruppi etnici".

Largo ai giovani (che se lo meritano)


Avviso ai naviganti. Quello che state per leggere non è opera della sottoscritta. Ho pensato di dare "in gestione" questo post, per dare spazio ai pensieri anche di qualcun altro. L'ha spuntata un sedicenne (sarà che è per l'età che avanza, guys, mi lascio intenerire e vado in oca...).

"Immaginiamo di essere un'allegra famigliola di extraterrestri in viaggio per l'Universo che decida di sbarcare sull'ameno pianeta Terra. Orbene, immaginiamo che lo facciano proprio in Italia, e che entrino in una casa, dove sfogliano i giornali e guardano la televisione, tanto per documentarsi un po'.
I nostri pacifici invasori verrebbero letteralmente inondati da immagini vuote e prive di senso, un frullatore mediatico che ci mette quotidianamente davanti ad alcuni personaggi che ormai sono diventati simbolo di una società senza valori. Se i nostri alieni chiedessero poi a un qualsiasi adolescente quali siano i suoi modelli, questi risponderebbe con nomi di calciatori, cantanti, "tronisti", modelle magrissime (n.d.blogger: qui avrei apportato una rettifica, avrei scritto: "anoressiche e cocainomani", ma il post non è mio)... I nostri amici extraterrestri cambierebbero sicuramente argomento, magari a favore della politica. In questo caso, impazzirebbero del tutto: alleanze tra partiti piccolissimi, governi che si incolpano tra loro, promesse che per la maggior parte dei casi non verranno mantenute... E che dire di alcuni esponenti della cultura? Si prestano a fare da "opinionisti" per questo o quel conduttore. Ma è davvero così?
Le guide, gli "eroi" del nostro tempo sono senza dubbi le persone comuni, quelle che ti stanno vicine nel momento del bisogno, ti donano un sorriso, ti vogliono bene, coloro che sono in grado di commuoverci, farci emozionare. Sebbene rimangano nascosti agli occhi della maggior parte di noi, sono loro che devono essere ringraziati. Come direbbe David Bowie: "We can be heroes, just for one day!" e, forse, ha ragione".

martedì 11 marzo 2008

Kreuzberg, Pankow, Beirut

Il sole timido della primavera che si affaccia su Beirut riscalda le tende vuote di piazza dei Martiri, quelle del sit-in dell'opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah e sostenuta da Iran e Siria. A terra, tracce di fuochi e di pipe-narghile fumate dai giovani del servizio d'ordine del campo, mentre oltre il filo spinato e le barriere di cemento, annoiati soldati dell'esercito libanese passeggiano avanti e indietro e ti chiedono una sigaretta. Altri loro commilitoni a bordo di una camionetta attraversano invece la piazza divisa in due e si dirigono verso l'uscita nord. Qui, il milite di Hezbollah, con la sua camicia scura fuori dai pantaloni neri con i tasconi, barba rasa con baffi, aria vigile finto-assonnata, si alza dalla sedia vicina alla guardiola prefabbricata ornata con le foto del "martire" Imad Mughniyeh (ucciso il 12 febbraio scorso a Damasco "da Israele") e si prepara a sollevare la sbarra per far uscire la camionetta dell'esercito. Il Libano di oggi è anche in quest'immagine: nel pieno centro cittadino, l'esercito libanese è costretto ad aspettare che un Hezbollah gli apra la porta della "gabbia" per tornare "libero" a esercitare il suo controllo su un paese, di fatto, senza Stato.
"Linea verde", "linee di contatto". La capitale Beirut è sempre più tagliata in due, anche fisicamente. Il 14 febbraio scorso questa divisione è stata consacrata dagli eventi: da una parte, la manifestazione dei seguaci della maggioranza governativa, sostenuta da Usa, Ue e Paesi arabi del Golfo, per commemorare il terzo anniversario dell'uccisione dell'ex premier libanese Rafiq Hariri; dall'altra, i funerali di massa organizzati dal movimento sciita Hezbollah. Ma prima del 14 febbraio, erano già apparsi numerosi segnali di questa crescente spaccatura, e quella "linea verde" (così la chiamavano gli occidentali) che dal 1975 fino al 1990 ha diviso in due Beirut, oggi è tornata a sovrapporsi alle "linee di contatto" (khutut at-tamass) che tradizionalmente separano le diverse enclave confessionali della città. (Continua a leggere l’articolo su Limes)