giovedì 28 aprile 2011

Pacem in Terris

Quando salgo sul treno che da casa dei miei mi porta a Roma e poi a Milano è sempre tragica. L'aereo avvicina, la macchina ti dà il senso del viaggio, la bici diventa una tua estensione ma è il treno ad essere il mezzo degli addii, non c'è che dire. Poi il fatto che l'ultima cosa di casa che l'occhio abbracci sia il Velino la dice tutta del resto. Ogni volta rivedo tutta la mia vita scorrere dal finestrino: gli oggetti, i volti delle persone, le città dove metto piede.

Niente montagna, 'sto giro, "perché non ha voluto", come ha detto mio babbo. E quando la montagna non vuole va rispettata e basta. Allora ho passato i miei pochi giorni di tregua ascoltando il gracidare delle rane dalla mia finestra. Sono tornate, nel laghetto del vicino, assieme agli aironi e a un'infinità di gazze. E il mio cane, che non mi perde di vista un attimo, come temendo le partenze improvvise.

Habemus Papam è un film bellissimo. Bentornato Nanni, uno dei suoi migliori in assoluto. Questa figura sofferente, talmente umanizzata nel suo timore di inadeguatezza, nel suo senso di profonda umiltà che è proprio solo delle creature migliori. Questo concetto di un Papa uomo tra gli uomini mi tocca profondamente. Il paragone è improprio e forzato, ma ho avuto in mente tutto il tempo il Celestino raccontato da Ignazio Silone, "L'avventura di un povero cristiano". Per me, uno dei libri fondamentali in assoluto. Accanto a Platone, Dostoevskij e alcuni passi di Dante, Pietro da Morrone.

martedì 5 aprile 2011

Par che dorma

Nulla di fatto - finora - a Tunisi. Sta' a vedere che la strategia del "foera di ball" suggerita da un ministro della Repubblica non è proprio azzeccatissima per gestire e risolvere la cosiddetta emergenza immigrazione. Mi chiedo come si possa concepire l'idea dei respingimenti. L'idea di ricacciare indietro i propri simili solo perché hanno avuto la sventura di trovarsi dalla parte sbagliata del mare. Respingere profughi e migranti, per quanto mi riguarda, è quanto di più inumano possa essere concepito. Come chiudere gli occhi davanti alla pulizia etnica. E la storia recente tracima di fulgidi esempi.

"Allora pòrtateli a casa", mi sono sentita rispondere qualche sera fa. Avrei voluto suggerire di aprire un libro di Storia, uno qualsiasi, tanto per prendere atto che le ondate migratorie esistono da quando esiste l'umanità, da quando c'è chi sta meglio e chi sta peggio. Ma il punto è anche un altro: perché non si muove l'Onu? Perché le Nazioni Unite si muovono solo quando si arriva ai gesti estremi, esasperati e piovono le bombe? (E sempre col risultato dell'elefante nella cristalleria, aggiungo).

E' il sei, ragazzi miei, è di nuovo il sei. E tutto si risveglia e realizzi che no, non passa mai. Non ho avuto il coraggio neanche quest'anno di andarmelo a trascorrere a L'Aquila, a casa. Mi risuona nelle orecchie la voce rotta dal pianto e dalla disperazione di un barista di Bazzano, a dodici ore dalla scossa. Presi per sbaglio io la telefonata, avrebbe dovuto intervistarlo una mia collega: io pronta a tornare dai miei, lui lì, senza più niente, a scavare. Roberto è partito stamattina, io non ce la faccio a seguirlo. "Ho capito, ma se sei una brava giornalista devi rimanere fredda, anche se li conosci", mi disse la mia collega, quel 6 aprile 2009. Mai pensato di esserlo.