lunedì 29 novembre 2010

Mario

La morte di Mario Monicelli mi lascia stravolta. Non riesco a vederci niente di "liberatorio", come più di qualcuno mi sta dicendo, niente di "dimostrativo" e men che meno una gesto "energico".
Che insostenibile pesantezza, doversi preoccupare per le parole degli altri.

Io invece non riesco a vederlo come un gesto liberatorio. Mi stravolge perché mi viene da vederlo come un gesto disperato, piuttosto, come una resa, come una disperata presa di coscienza, di mancanza di prospettiva, di una barca lasciata affondare. Insomma che non ne valeva più la pena. E non perché in odor di cattolicesimo: lo penso perché mi viene più facile da pensare a scene come nel film "Le invasioni barbariche". Un uscire di scena coraggioso, certo, ma preparato, calcolato, quasi un rituale, un non voler sprecare niente, della vita. Buttarsi così, mi lascia perplessa.
Spero abbiano ragione i miei amici Claudio e Angela, che era "incazzato più che deluso", "un gesto estremo per un uomo estremo, un atto di ribellione che non se ne vedono più. ciao mario, grande!". A me invece così sa troppo di resa. Mi dà proprio il senso del dolore.

Nel grembo della terra ho seminato un grido. Cinque

Una coltellata. Una piaga che si riapre. Anzi, che non è chiusa (e come mai potrebbe esserlo?). Sentirti parlare di terremoto, del mio terremoto e de L'Aquila mi fa un effetto strano, da te. E' come mi afferrassi per le viscere svuotandomi, lasciandomi esanime, infliggendomi ferite, squarciando carne viva. Ti ascolto, non posso farne a meno ma è come mi stessi schiacciando e rischiacciando. Spesso mi viene chiesto com'è, com'è stato, come sto, come stanno, gli aquilani. E io avverto la stessa sensazione: una mano che mi profana, mi si avvinghia dentro e tira, tira.
Sono tanto fiera quanto gelosa delle mie origini. Guai a toccarmele, guai a spingersi oltre senza lasciapassare. Ho gettato l'atomica sopra una relazione durata anni appena mi hanno attaccato sulla mia essenza, sulle radici. Solo quelle forti, solo quelle profonde portano lontano, stillano linfa, non ti fanno cadere, danno un senso alla tua vita e sostentamento ai sogni. E, di conseguenza, sono quelle forti che suscitano invidie, scatenano cattiverie. Le radici profonde non gelano, mi ha insegnato la mia amica Stefania.
Sto costruendo qualcosa ora con chi la pensa come me, con chi soffre sofferenze indicibili per essere obbligato alla lontananza, forzato e costretto non per scelta, a differenza di me.
Ma sentire parlare de L'Aquila, raccontare quel dolore - che per me è unico, speciale, imparagonabile a nulla - mi destabilizza, mi riporta indietro a quella notte, in cui ho ricevuto la telefonata di mio padre poco dopo perché "Ho avuto pensiero che se l'avessi appreso dalla televisione avresti fatto un colpo. Siamo vivi, tutti". Prima di tutto, prima di tutto il resto. L'immagine di mio fratello sotto il letto, la mia amica che è rimasta giorni per strada, lo choc di una mia cugina, quell'altra scappata a Firenze, il mio migliore amico disperso per giorni, mia madre squassatadalla paura, mia nonna rassegnata ("Se è così che deve essere, così sia") e la freddezza di mio babbo, ancorato anche a quello, anche al suo terremoto. Perché non si trattava di aiutare a scavare gente - come ha fatto in Irpinia -, di aiutare la popolazione - come ha fatto in Umbria -, stavolta il terremoto era nostro e pertanto andava affrontato a viso aperto, con il mondo che ti balla sotto i piedi e travolge la vista e quel sibilo fortissimo nelle orecchie, quel vento che vento non è che fischia forte. E' un dolore che non è paragonabile a un lutto, non è paragonabile al dolore che si prova con la malattia, al dolore che si prova in qualsiasi altra cosa. E' un dolore unico, nel suo genere. E gridi e tiri pugni e ti disperi quando non ce la fai più. Ma non passa mai.

mercoledì 24 novembre 2010

Se telefonando io...

Insomma telefona, insulta, offende, riattacca senza consentire repliche - perché gli fa più comodo -, travolge tutto e tutti come un panzer con la tracotanza che si ritrova, urla. Mi fa quasi tenerezza, questo nonno a cui - nonostante tutto - nessuno è stato in grado di insegnare la buona educazione...

lunedì 22 novembre 2010

Tutte le strade portano a te

Di tutti i posti dove avrei potuto immaginare di incontrarti, certo non avrei mai pensato dov'è stato. Ero lì con la speranza di incontrare qualche collega che ha scritto su Limes, qualcuno - qualche mio simile, come mi dici sempre più spesso per prendermi in giro - con cui avrei potuto confrontarmi, dibattere su Israele e sulla sua politica, sulla deploratissima colonizzazione di Gerusalemme est e soprattutto ossigenarmi un po' senza scadere nei luoghi comuni, nella frasi fatte...Insomma, sentire un po' di gente che ne sa a pacchi.
Eri lì. E' bastato perdermi ed entrare dove non avrei dovuto per trovarti. Tu e le tue ombre, che di colpo si sono dissolte, tutte e otto. E parlavi delle arance di Peres.
Hai ragione. Tutto succede perché deve succedere, come mi diceva la mia amica Titti, che è anche una tua conterranea - ce l'avrete nel Dna, si vede -. Bene, sempre pensato anch'io.

lunedì 15 novembre 2010

Diavolo rosso

Michele Salvati sul Corriere l'ha chiamato "Effetto Vendola", Curzio Maltese su La Repubblica ha citato Giorgio Gaber, "libertà è partecipazione". Forse c'è stato anche l'effetto Elio, sprigionato da quel "Han distrutto il bosco di Gioia, 'sti grandissimi figli di troia", che venerdì è venuto giù all'unisono dal teatro Smeraldo. Fatto sta che mi ha fatto piacere svegliarmi a Milano questa mattina. E mi ha fatto ancora più piacere scoprire che è stato proprio Giuliano Pisapia, che sono andata a incontrare qualche giorno fa, ad avercela fatta.

Non ho nessuna voglia, ne' intenzione, tanto meno gli strumenti e la preparazione adatta a tracciare bilanci, a fare previsioni, a dire quel che è o quel che sarà in questa città che mi ha adottata ormai da cinque anni, a cui devo tantissimo e che amo alla follia. Non spetta certo a me. Eppure il primo pensiero che ho avuto è stato quello di sperare di incontrare Philippe Daverio, in pausa pranzo, nella norcineria che è a due passi dalla mia radio e dal suo studio. Appena arrivata a Milano, da assessore alla Cultura mi ha detto: "Milano è morta, i milanesi si sono rincoglioniti". Penso che abbiano dimostrato che no, non è vero e comunque - comunque vadano le cose nei mesi a venire - non è più poi tanto vero. "Vieni qui con noi a bere un'aranciata, contro luce tutto il tempo se ne va".

lunedì 8 novembre 2010

La meraviglia del creato

Giornata strana. Sono sopravvissuta - nell'ordine -: alla donna delle pulizie che già all'alba se ne è uscita con una battuta omofoba che fa onore al suo premier, al portinaio che ha avuto addirittura l'ispirazione di venirmi a spiegare perché Hitler se l'è presa con gli ebrei in Germania. Gli ho fatto notare di avere sangue ebreo, che scorre nelle vene ed è anche piuttosto caldo. Pensavo che avrebbe mollato il colpo ma non tutti i neonati hanno avuto il privilegio della visita della Fata dell'intelligenza, che vuoi farci. A ora di pranzo, il tecnico che legge Il Giornale in stereofonia. Invoco pietà e misericordia, capisco come scattano i raptus. Mi incuffio e vado di training: ripenso a sabato sera, alle parole di Nichi Vendola al teatro Dal Verme, all'aria buonissima che tirava. E penso alla sonata di Corelli. Mi passa, mi passa. Guardo il mio collega, respiro, vedi che mi passa... Se andassi a letto adesso, la giornata finirebbe prima? No, mi dice bene. Stasera Saviano. E chissenefrega della professionalità: lo prendo e lo bacio, guarda.

martedì 2 novembre 2010

E c'era Roma così lontana, e c'era Roma così vicina


Viviamo in un Paese che imbarbarisce giorno dopo giorno come fosse un processo a cui non si riesca a mettere freni, come in preda all'erosione carsica. "Un artista", "uno dello spettacolo", "de sicuro 'un era 'n politico", "un attore", "chièdilo a lui che de sicuro 'o sa". Sono alcune delle risposte alla domanda: "Lei sa chi era Pierpaolo Pasolini?". Ed il fatto di averle rivolte proprio a loro, ai romani, fa ancora più male.

Ma non importa. Ci stiamo abbrutendo ogni giorno di più, così come vuole chi ci governa. Ed oggi all'Eicma ce ne ha dato l'ennesima dimostrazione. E che taglia i fondi alla Cultura, che è la cosa che fa più paura in assoluto ai detentori delle leve, ai detentori del Potere.
E' il 2 novembre Pierpa'. Sono passati 35 anni e avevi previsto anche questo. Che meraviglia averti avuto, che privilegio grandissimo. Che amore grande. "E voglio vivere come i gigli dei campi, come gli uccelli del cielo campare, e voglio vivere come i gigli dei campi e sopra i gigli dei campi volare".