giovedì 27 gennaio 2011

השנה הבאה בירושלים

Forza, non lacrime. Forza perché finché ricorderemo, finché avremo ancora tra noi chi ha vissuto l'orrore,non conosceremo la paura, non conosceremo la resa, saremo forti, saremo al sicuro.

Oggi, più di sempre, mi manca Stu'. Lo stesso giorno in cui hanno abbattuto i cancelli di Auschwitz, mia nonna compiva trent'anni. Oggi non ce l'ho più. Oggi, più di sempre, vorrei arrivasse anche a me un nonno nuovo, come al bimbetto raccontato da David Grossman in Vedi alla voce: Amore.

Oggi, più che mai, mi sento parte di un mondo, parte di un tutto. Hashana haba'a b'Yrushalayim. L'anno prossimo a Gerusalemme.

martedì 25 gennaio 2011

Arancia metalmeccanica

Camminavo per strada dopo il lavoro, pensando a Pietro che sta per compiere un anno e a un po' di amici che vedo stasera, quando mi si è fatto incontro un signore con gli occhi buoni, porgendomi un volantino. Amore a prima vista: l'iniziativa si chiama "Arancia MetalMeccanica" e a Milano il banchetto è in largo Cairoli.

Ti porti a casa una retina di agrumi, dai i tuoi 4 euro e sostieni gli operai, quei 2.325 lavoratori che al referendum della Fiat a Mirafiori sono riusciti a votare "No". Dico sono riusciti perché chissà quanti altri avrebbero voluto ma non sono riusciti a farlo.

Quel 46% ha detto no alla rinuncia dei propri diritti, della propria dignità, riaprendo la partita di un'Italia che non accetta supinamente di far pagare lo scotto della crisi economica ai soliti ultimi, ai lavoratori, ai giovani. Ebbene lo sciopero del 28 gennaio, proclamato dalla Fiom, deve rappresentare un momento di unità di tutte le lotte del Paese, da quelle dei lavoratori a quelle degli studenti, da quelle in difesa dell'ambiente e a quelle dei beni comuni.

A Milano, venerdì, la manifestazione parte alle 9 e mezzo da Porta Venezia. Con gli operai, sempre.

lunedì 24 gennaio 2011

Ognun per sé. Ma chi per tutti?

Cosa resterà nei libri di storia di quello che stiamo vivendo in questi giorni? Me lo chiedo come se lo chiedeva Luca Carboni degli anni Ottanta (o forse era Raf?). Me lo chiedo e allo stesso tempo me lo sento scivolare addosso. Sono satura, esasperata, non ne posso più. "Dimissioni" ha scritto qualcuno su un lenzuolo appeso a un balcone all'ultimo piano, in piazza Bolivar. Quando l'ho visto, dall'autobus, non ho potuto fare a meno di sorridere. Stasera prendo una bottiglia di vino e vado a bussare a quella porta, tanto per fare due chiacchiere.

Abbiamo avuto Andreotti, abbiamo avuto Craxi, abbiamo avuto una manlevata di gente che non meritava le poltrone da cui impartiva ordini, ce le abbiamo avute. Ma un livello di bassezza del genere, mai. A livello umano, innanzitutto. Roba che neanche nel Bestiario di Pazienza. Ci vorrebbero le copertine di Cuore, per farci sentire meno soli. E "casse di Maalox, per pettinarci lo stamaco", per dirla col Liga. Ah, come mi sento pop oggi.

"E' una grave offesa per la dignità di tutte le donne", fa la mia amica Anna. Tutte le donne? Avevo gli occhi fuori dalle orbite. Come sarebbe, di grazia? Perché? Basta un torpedone di baldracche a infangarci tutte? Anni e anni di battaglie e lotte sindacali, sul lavoro e chi più ne ha più ne metta gettati all'aria da chi al telefono dice: "Non ho voglia di mettermi a cercare un lavoro, che poi mi danno mille euro al mese"? No, non sono d'accordo. E questo femminismo spicciolo mi dà molto fastidio. Penso alla Bonino, penso alla Camusso, penso alla De Gregorio e mi passa.

"Se se, fai tanto la Giovanna D'Arco, poi sgrani gli occhi alla commessa che ti infila la crema antirughe tra i campioncini". Caro Roberto, von vedo l'ora di frugarti nell'armadietto. Al che ho chiamato mia sorella vera e gliel'ho raccontato. "Lo dici a una che l'ultima volta si è sentita chiedere l'antirughe da un tizio che stavo frequentando", mi fa. Sì, ha fatto la doccia e poi lo ha beccato nel bagno che brancolava cercando la crema. La cosa mi ha fatto morire dal ridere: "Tuo padre non l'avrebbe mai fatto", sono riuscita solo a biascicarle, ridendo come una matta. "Manco il tuo". E sia lodato il cielo.

martedì 18 gennaio 2011

Hasta la victoria, siempre

Togliete il telecomando a mia madre. Per pietà, toglieteglielo. Guarda il peggio del peggio del peggio, la tv del pomeriggio. E quando è fissato sempre sullo stesso canale, penso, non è più strumento di democrazia ma di tortura per le sinapsi. "Sarebbe bellissimo vederti fare un servizio in tv", esordisce. "In quelle trasmissioni che vedi tu?", domando. "Sì, fai la giornalista, no?", lei piccata. "Allora tanto vale tirarmi un colpo in bocca", mi scappa così. "Allora sbrigati a cambiar mestiere" e butta giù. Ok, non era il modo più educato per avviare un dialogo con chi mi ha partorito con dolore, ma sfido chiunque, per la seconda sera di fila a sentire una tiritera del genere nell'orecchio, Mahatma Gandhi incluso. Al che, ovviamente, è venuto giù il mondo.

Credo abbiano fatto più danni l'educazione cattolica e le suore che i talebani. Ora, per carità, la mamma è sempre la mamma ed è pura utopia immaginarsi, per come vanno le cose in Italia, un futuro prossimo senza i Cucuzza o le D'Urso e le De Filippi e campionari vari. Allora allaccio la bici al palo e frugo nella testa per cercare qualcosa che oggi mi abbia illuminato la giornata.

Ho letto una cosa rincuorante su La Stampa: la bella gioventù che si scrolla di dosso fango e torpore e fa, crea, realizza, anche senza soldi, anche senza votarsi l'anima al potente di turno. Storie come quella della compagnia teatrale "Scarlattine", che fa base nel borgo abbandonato di Campsirago, nel Lecchese. O i ragazzi del cinema "Kino" di Roma, che hanno sborsato 600 euro a testa e fanno rivivere il vecchio cinema Crauco, al Pigneto, a due passi dal bar in cui Pasolini girò "Accattone". Ci proiettano la Nouvelle Vague, i documentari indipendenti, i b-movie che hanno fatto innamorare Tarantino. Molti dei soci si sono conosciuti in piazza, mentre protestavano contro i tagli. E ancora i ragazzi, appena 23enni, che hanno fondato la rivista letteraria Inutile, a Torino e quelli che si ritrovano ogni marzo a Grottaglie, a mezz'ora da Taranto, per decorare le facciate delle masserie abbandonate. Non sono sporcamuro: Blu, ad esempio, è finito alla Tate di Londra e sempre da Grottaglie sono passati anche i brasiliani Os Gemeos, l'americano Momo e il fotografo francese Jr, che l'anno scorso s'è portato a casa il "Ted Price", il premio "per chi cambia il mondo". E io? Catena leggera, preghiera ogni sera: intanto passo la notte a benedire la bici.

domenica 16 gennaio 2011

Anche per oggi non si vola

Avrei dovuto fare, dire, partire in questo fine settimana. E invece a tirarmi un calcio sugli stinchi ci ha pensato una mezza influenza che mi ha dato il tormento per tre giorni. Ovviamente quando avevo già il piede sul treno. "Sono state giornate furibonde senza atti d'amore" - per dirla con qualcuno -, per giunta con Rob in trasferta a San Giorgio a Cremano per guardare dentro l'ennesima sparatoria in strada (quella balzata agli onori della cronaca perché a rimetterci la vita è stato anche il padre di una giornalista del Mattino, freddato solo perché testimone oculare, quindi scomodo per definizione), mia sorella a Berlino per raccogliere i suoi cocci e nemmeno la compagnia di Sansone, spedito a Monza, che almeno così poteva farsi portare al parco.

Fuori, il risultato del referendum allo stabilimento torinese della Fiat. Una tragedia umana e sociale. Se la competizione industriale e produttiva e il marketing del made in Italy devono ora competere con economie dove non esistono i diritti di chi quelle economie crea, né tutele sindacali è la fine, signori. I primi a farne le spese saranno gli operai. Poi toccherà anche noialtri, subalterni e mangiati vivi dalle tasse. Arriverà e presto. Allora ho acceso la radio e la voce di Claudione Agostoni dalle frequenze di Radio Popolare mi ha fatto venire le lacrime agli occhi.

E' morto Vincenzone, Vincenzone Paudice, non ce l'abbiamo più. Era lui negli anni Settanta a spiegare ai bambini nelle scuole milanesi cosa voleva dire fare l'operaio e lottare per i diritti. Lui che si era reinventato la vita, quando ne poteva più, da ristoratore ai Navigli. Presente Jovanotti? Dallo scimmiottare Gimme five è poi diventato adulto, anche grazie a Vincenzone. A Radio Pop lo chiamavano "la Wikipedia vivente del '68". Altra vita: ha preso su ed è andato in Africa, a portare sorrisi e crepes alla Nutella ai bambini degli slums di Nairobi. Su Facebook lo trovate ancora lì. Sarebbe bellissimo trasformare la sua bacheca in un tazebao, una sorta di Zonker's Zone, come quella di Enzone Baldoni, che ci tiene ancora tutti stretti a lui. "Quando qualcuno mi chiedeva cosa significa essere comunista a me veniva da rispondere: essere come Vincenzone", ha detto Agostoni. E' morto venerdì, poco prima di conoscere l'esito del referendum a Mirafiori.

mercoledì 12 gennaio 2011

Zang tumb tumb

Me ne ha parlato appena ieri sera la mia amica Fra'. Oggi ho una dipendenza in più e si chiama Friendfeed. "Ma sbrigati - mi fa - stiamo già migrando". E infatti adesso arranco dietro a gente a cui chiedo di spiegarmi cos'è #Quora. Ovviamente e rigorosamente online, senno' che gusto c'è? Così nel frattempo vivo di Internet, di aria e di zuppa di miso, che in casa abbiamo finito il thè.

Oggi me ne è capitata una peggio dell'altra. Così ho fatto un fischio alla "mia sorella nell'arte e nella vita" - per dirla con Albert - che però per me è Andy. Ero passata a prenderlo per un caffè. L'ho trovato che imprecava con la fiamma ossidrica in mano contro una specie di mobiletto che secondo lui in realtà è un divisorio e bla bla bla che deve essere pronto per il Salone del Mobile.
"Beeello il mobiletto", faccio. Al che tira un cristone e capisco che anche lui sta tenendo testa a una giornata piuttosto faticosa. Così dal caffè diventa una chiacchiera, dalla chiacchiera due passi, poi "uh, incredibile, è sole?" e alla fine abbiamo pensato bene di andarcelo a godere dalle vetrate del Museo del '900 di Milano, nuovo di pacca.

Bello, eh. Massima stima per Rota. Tante belle cose ma il cuore fa i tonfi per Boccioni, per l'Arengario in sè, per la Sala delle Cariatidi vista da là dentro e davanti al Quarto Stato, poi, uno si becca tutta la Sindrome di Stendhal. Continuavo a tornare indietro per rivederlo, gli tendevo agguati. All'uscita ho ricominciato il percorso daccapo: l'hanno messo per primo. Pensare che il buon Pellizza da Volpedo si è suicidato quando all'inizio il suo capolavoro non se lo filava nessuno. Ma guarda che siamo veramente un popolo di poverini ignoranti. Al che mi torna il cattivo umore e pure a Andy, dato che - essendo l'ingresso gratuito fino a febbraio - dentro ci trovi anche gente che sembra essere capitata lì per caso, forse semplicemente per fare pipì. E tocca pure capirli: al bar devi prendere almeno il caffè e alla Feltrinelli devi sganciare le monetine. Ma dopo l'ennesima fiumana di un gruppo anziani, scatta l'urlo di Andy: "Signorina, ci fate pagare il biglietto a tutti oggi, per pietà?!". E a me, che nel frattempo m'ero rabbuiata: "La vuoi piantare - mi da' un colpo sulla nuca - che mentre Stu' tirava calci nel pancione della tua bisnonna Boccioni donava al mondo la sua "Donna al caffè"?!". Andy, se non esistessi ti inventerei. Manco fossi il mobiletto.

martedì 11 gennaio 2011

La classe operaia non va in paradiso

Ecco, siamo messi così. Veder piangere un operaio - che potrebbe avere l'età di mio papà - all'uscita della sua fabbrica, dove per anni avrà dato anima e corpo, immaginare il clima che si respira là dentro e fuori in questi giorni - soprattutto in questi giorni -, a ridosso del referendum sul nuovo contratto di lavoro per le tute blu della Fiat di Mirafiori, trovarsi con uno stipendio da fame e sentire costantemente che la vita vera ti viene strappata dalle mani, senti solo di soffocare.

domenica 9 gennaio 2011

E' una tribù che balla


Sveglia all'alba - che per me, di domenica, è mezzogiorno -, accendo il pc, apro tutto l'ambaradan e su Facebook iniziano a scorrermi sotto gli occhi commenti dei miei contatti maglianesi e marsicani che sono tutti un 'paura', 'e ci risiamo' e 'tu l'hai sentito?', 'Madonna che botta', 'tremo tutto', etc etc. C'è stata una scossa di terremoto, intorno alle 11 e mezza: 3.9, epicentro nel Fucino e, precisamente, nel mio paesello, mi spiega un'Adn. Nello stesso momento su Rainews passa l'ultim'ora. Penso che alle 11 e 36 mio fratello aveva un treno per Roma, i miei erano sicuramente fuori casa. Afferro il telefono, che comincia a squillare: è babbo.

Figurarsi, mi cascano dal pero, come al solito. Io li adoro. Mio papà se ne lava subito le mani "Ah-ha, guarda, siamo appena rientrati. Ti passo mamma". Arriva lei: "Quando? E l'epicentro dove? Ah. Manno', non abbiamo sentito niente, ero al centro commerciale co' tuo padre. E comunque ora devo chiudere, c'è di nuovo il telefono che squilla di là, tutta gente che chiama pe' sape' se siamo vivi. Sai che dico? Tiè!". Sono meravigliosi.

sabato 8 gennaio 2011

Sì, lo voglio

Il giornale sotto gli occhi me lo mette Roberto, mentre sono in piena fase ripiglio post-bagordo. "Nooo Ro', non ficcarle in testa pure i drusi, adesso!", sbotta Andy. "Mi piace vederle gli occhietti lucidi", ribatte quell'altro. Non bacio nessuno, faccio una smorfia ma dico comunque 'buongiorno', agguanto il giornale col caffè, accarezzo Sansone sulla testa e scopro questa storia fantastica sul confine tra Siria e Israele.

La bionda Samar e il suo baffuto Nabih , drusi siriani, separati dal confine di guerra. In quella del '67 Israele ha conquistato i due terzi del Golan. Una parte delle alture fu riconquistata nel '73 da Damasco e da allora la Siria ne chiede l'intera restituzione. Per questo una forza di pace dell'Onu vigilia sulla striscia demilitarizzata di terra che corre lungo la linea del cessate il fuoco. Ed è proprio quella striscia che ha ostacolato l'unione tra Samar e Nabih (e da allora ostacola l'intero popolo druso: famiglie, amici e parenti divisi a forza, come nella Germania dell'Est).

Dal 2007 questi due disperati aspettavano il permesso di Israele perché la sposa passasse dal Golan siriano a quello amministrato da Tel Aviv. Permesso ogni volta negato. Lei s'era già agghindata a nozze il 28 dicembre. Il timbro però le era stato nuovamente negato. Poi mercoledì 5 gennaio lei si è accostata, in abito bianco, al filo spinato del versante siriano, col codazzo degli invitati e i viveri per il banchetto. E le sbarre si sono alzate.

Per anni si sono gridati il loro amore coi megafoni: uno di qua, l'altra di là (le linee telefoniche, essendo tecnicamente i due Paesi in guerra, sono interrotte). Ma il giorno del loro matrimonio la sposa non ha mai sorriso: ha dovuto lasciare la sua famiglia e il suo Paese. Alla fine della cerimonia ha raccolto il suo strascico e si è avviata sola, parenti alle spalle, lungo la linea di demarcazione. Samar ha 25 anni.