lunedì 21 ottobre 2013

Senza fine

Un anno senza. Bamboline, catene di rinvii, corde. Non tanto il machard "ma il barcaiolo Ci', cristo! Almeno quello, almeno per le doppie, fallo!", sfuria Dan. Avete ragione, avete tutti ragione ma i nodi intanto continuo a non farli. E non mi sono più iscritta a inglese. Non ho più fatto i lavori in casa. L'alga spirulina sì, l'ho presa, ma secondo me ti sbagliavi. C'è stato un Natale che non è stato Natale e un Pesach che è stato Pesach. Un compleanno da dimenticare. Due, anche il tuo. Al Ghetto ormai sono di casa. I bambini sono cresciuti (e continuano a farlo). "I funerali di Togliatti" di Guttuso e la "Cariatide blu" di Modigliani. Chaim Potok. Un film bellissimo visto al cinema tre volte (tutte da sola, ci tenevo). Ho ripreso a guidare. Poi Roma, tanto, tante volte. Mi sono circondata delle persone di cui avevo voglia. Sono stata bene, anche. Si sono rafforzate amicizie. Ho conosciuto gente nuova. Ho scelto cosa tenere e cosa lasciare andare. Cosa proseguire e cosa smettere. Ho imparato ad apprezzare e a trovare il tempo. A correre meno. A darmi di più. A fare quello che voglio fare. O almeno a saperlo mettere a fuoco. Ho odiato la montagna. Di un odio cieco, ho sofferto. Poi ci sono tornata addosso, come una figliol prodiga.

Ho provato emozioni fortissime e anche il nulla più totale, in quest'anno. Ho toccato la voragine e, a volte, ne ho potuto misurare il confine. So cosa fa il dolore, cosa porta con sé la morte. Ormai non dormo più bene. Sogno pochissimo e ho praticamente smesso, ad occhi aperti. Ho rivisto il mare. Non ho più paura dei pipistrelli. Dell'acqua sì, anche del buio e dei bivacchi (ma l'ultima volta sono stata bravissima). Con tuo fratello, per sistemare casa tua. Non ce l'abbiamo fatta: strano, senza te, tutto estraneo. Allora ho aperto l'armadio e sprofondato il viso nelle tue giacche a vento.

Ieri sera, con l'Hidalgo, davanti al pc si parlava del Bianco e dell'Aiguille. Ci siamo messi a cercare foto online, voleva farmi vedere vie. Sei saltato fuori: a un tratto, ho visto le foto della tua uscita in Friuli. Cos'è il destino, il caso, alle volte: Google ci ha fatti finire su un sito, che a sua volta ospita diversi blog. Siamo finiti senza rendercene conto in quello di BD. Ipnotizzati - saliva come un dannato, BD, e le foto sapeva proprio farle -, sei spuntato attaccato a una parete. Ho fatto un salto sulla sedia, l'Hidalgo pietrificato. Ho sorriso, ho gridato dalla gioia, ho inoltrato i link a tuo fratello: ancora un tesoro. Non ci sei più, e neanche BD, ma ci avete fregati di nuovo. Senza fine, la la la la la la, la la la...

giovedì 3 ottobre 2013

These days

A volte ritornano. Col caschetto, la corda, la daisy chain. A dormire presto, il venerdì sera. Io e l'Hidalgo. Con un gran groppo alla bocca dello stomaco. Andiamo perché è ora. So meglio cosa è stato. E quanto m'è costato. Serena, viva. Sento la roccia, calda, sotto le mani. Mi avvicino piano, con rispetto. Aderisco a lei, con soggezione. Mi sembra di sentirla respirare.

Sale veloce l'Hidalgo, dopo poco sparisce. Fa la via. Resto sola. Piano, piano, i muscoli che tirano. La schiena, le braccia. Mi ricordo delle gambe: "Puntale! Punta le gambe, Ci, o ti sfianchi!'", mi gridavi, da giù. Sento il respiro più corto. Mi cerco. Inizio a tirare. Salgo.

In sosta. Uno strapuntino su cui ci stiamo a malapena seduti in due. C'è il tuo amico adesso con me. Voglio un bene dell'anima ai suoi occhi buoni. Facciamo due conti: ora facciamo settantasei anni in due. Ci siamo conosciuti che ne facevamo sessantasei. Gli sono da poco spuntati dei bellissimi fili d'argento tra la barba.

"Allora. Voglio sentire da te, com'è andata lassù", mi fa. Glielo dico. Ripercorro, ricostruisco, ricordo: mi spunta addirittura un sorriso. Ripenso poi a come non avrei voluto vederti e invece. Mi viene anche da piangere, dopo. Il cielo cambia, mi ricordo della parete. Non voglio scendere. L'Hidalgo si rimette in piedi. Rido. Salgo. Tiro. Arrivo. Chiudo.