martedì 28 dicembre 2010

Annarella

Un fiume in piena di fiori, canti, musica e ragioni da vendere. Un groppo in gola quando l'ho visto chiudere la tangenziale Est e sentire: "E adesso andiamo a L'Aquila". Gli automobilisti applaudire: "C'avete raggione", "fate 'bbene". Core de Roma. Roberto raggiante che scende dal tetto di Architettura . "Dimmi dove sei stata, dimmi che hai visto che la connessione mi ha abbandonato". Brunetto, 8 anni di spasso, e in braccio Sara, un amore di 2 appena. Le feste del cane. Nascosta, una vera lettera d'amore. Si svela mica così, il profumo dei ginepri viene dopo. Cumuli di neve alta quanto me. Gli scarponi e subito vetta. Gambe in spalla, si cammina duro. Passi brevi, fare il fiato. Poi più su e il freddo passa. Un binocolo e scopri la meraviglia. Nell'aria solo richiami dei selvatici. Il rifugio, come premio. I canti dei compagni come guida. Un bel brindisi di grappa, e passa la fatica. Il pieno di tutto, per favore, che poi mi tocca scendere. Il buio. Il fuoco delle fiaccole come unica guida. La giusta distanza per non tirare giù il prossimo tuo, 'ché non è mica cordata.

La pineta, il bivio, la breccia che frana. "Uh, adesso dove vado?" mi dico piano, tranquilla. Roba da far raggelare una qualsiasi Cappuccetto rosso. Stefano, davanti a me. Al buio non l'avevo visto. Mi allunga la mano, mi afferra, accende la torcina da speleologo. Come mandato dal cielo, esattamente come cinque anni fa. Ripenso. Era il 17 agosto del 2005. Allora mi riportò praticamente a spalle fino a valle: non sapevo scendere. Mi viene la pelle d'oca. "Imparerai, piano piano", allora. "Ti tengo io, tu gira i piedi", in questa notte del 26 dicembre. Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così - mi viene subito in mente -. Non dire una parola che non sia d'amore.

lunedì 20 dicembre 2010

Ci volevano sotto i ponti...

Comunque vadano le cose, qualcosa è cambiato. Non si vedeva una mobilitazione simile da almeno trent'anni. E stavolta non c'è da scegliere con chi stare, non c'entra la politica, non c'entrano gli apparati, di nessun genere. Non c'è la destra e la sinistra, non ci sono gli studenti e i professori, non c'è bianco o nero, non c'è niente. E' questo il punto: dopo non c'è niente.
E i gggiòvani stavolta l'hanno capito bene, hanno capito che finché i governi continuano a togliere risorse all'Istruzione non si va da nessuna parte, non c'è futuro, non c'è lavoro, non c'è progresso, non c'è domani, non c'è famiglia, non c'è Italia.
"Cota crociere: navighiamo verso l'ignoranza" hanno scritto in uno dei tanti striscioni i ragazzi a Torino. Fa bella mostra di sé all'ingresso dell'Edisu, l'Ente per il diritto allo studio - appunto -, adesso. Centro, ragazzi. L'ignoranza. C'è una cosa peggiore? "Meglio la peste che l'ignoranza", diceva mio nonno.
"Ci volevano sotto i ponti, ci avranno sui tetti": da stamattina quell'altro è sul tetto di Architettura, alla Sapienza. E' partito con l'idea di tirare fuori un articolo "embedded", poco fa mi diceva che c'è già materiale per un libro.
E' solo l'inizio, me lo ripeto, mi fa bene. Si parte con Roma. Poi un bel giro tra le C.A.S.E.. Poi sarà di nuovo 23: mancano due giorni e sono qua che mi danno per esorcizzarlo. Magari mi porto Andy: neve o non neve, "bomba o non bomba". Ah, l'onore - e l'onere - della sorellanza...

mercoledì 15 dicembre 2010

Quousque tandem, Catilina?

Mi sveglia il fruscìo dei jeans. Sollevo una palpebra, poi l'altra: "Vado a Roma - mi fa - seguo le manifestazioni". "Scappa il morto, oggi - ribatto -. Seguili dalla redazione". Figurarsi.
Ho passato una giornata d'inferno, per quello che è venuto dopo. Col cuore in gola attaccata alle agenzie, lancio dopo lancio, con gli occhi incollati alle immagini degli scontri e alla schermata del telefono. La follia che prende il posto della ragione e delle ragioni: quelle dei terremotati, dei napoletani che chiedevano il diritto alla salute (che dovrebbe essere tra quelli "blindati", no? Insieme al lavoro, all'istruzione, alle condizioni di vita dignitose, alla libertà di culto. E' nella spina dorsale della nostra povera Italia, no? La Costituzione li chiama "Diritti fondamentali", o sbaglio?), dei giovani - e ormai meno giovani - ridotti senza futuro, degli immigrati sfruttati, oltraggiati, umiliati. Ogni gesto violento è stato un punto a favore di questo governo, di questa classe dirigente, degli sfruttatori, dell'Italia dei disonesti, dei furbi, degli evasori fiscali.
Le foto le abbiamo viste tutti. Le sue foto le abbiamo viste tutti: è tornato a casa quando era già mezzanotte. Va in giro con la gomitiera da due giorni ma ho potuto addormentarmi serena, ridendo in due, dopo tanta tensione, alle parole di mia mamma: "Ma quando vi decidete a fare un lavoro normale?!".
Ma alla fine siamo tornati indietro, tutti insieme. Siamo sprofondati ancora di più. Decenni di lotte, conquiste, sogni e impegno civile sono stati spazzati via in un lampo. Sono bastate poche ore, nel cuore della città che ha fatto la Storia di tutte le altre.

lunedì 6 dicembre 2010

Io, Alfonsina e la bici

Non mi commuovo facilmente. E' più forte di me, non mi viene facile. Oggi l'ho fatto tre volte: per i fiori di Roberto - partiti solo il cielo sa da dove -, per la canzone che mi hanno dedicato i Tetes de Bois e per la festa a sopresa in radio. Ragazzi, perdutamente grazie:

lunedì 29 novembre 2010

Mario

La morte di Mario Monicelli mi lascia stravolta. Non riesco a vederci niente di "liberatorio", come più di qualcuno mi sta dicendo, niente di "dimostrativo" e men che meno una gesto "energico".
Che insostenibile pesantezza, doversi preoccupare per le parole degli altri.

Io invece non riesco a vederlo come un gesto liberatorio. Mi stravolge perché mi viene da vederlo come un gesto disperato, piuttosto, come una resa, come una disperata presa di coscienza, di mancanza di prospettiva, di una barca lasciata affondare. Insomma che non ne valeva più la pena. E non perché in odor di cattolicesimo: lo penso perché mi viene più facile da pensare a scene come nel film "Le invasioni barbariche". Un uscire di scena coraggioso, certo, ma preparato, calcolato, quasi un rituale, un non voler sprecare niente, della vita. Buttarsi così, mi lascia perplessa.
Spero abbiano ragione i miei amici Claudio e Angela, che era "incazzato più che deluso", "un gesto estremo per un uomo estremo, un atto di ribellione che non se ne vedono più. ciao mario, grande!". A me invece così sa troppo di resa. Mi dà proprio il senso del dolore.

Nel grembo della terra ho seminato un grido. Cinque

Una coltellata. Una piaga che si riapre. Anzi, che non è chiusa (e come mai potrebbe esserlo?). Sentirti parlare di terremoto, del mio terremoto e de L'Aquila mi fa un effetto strano, da te. E' come mi afferrassi per le viscere svuotandomi, lasciandomi esanime, infliggendomi ferite, squarciando carne viva. Ti ascolto, non posso farne a meno ma è come mi stessi schiacciando e rischiacciando. Spesso mi viene chiesto com'è, com'è stato, come sto, come stanno, gli aquilani. E io avverto la stessa sensazione: una mano che mi profana, mi si avvinghia dentro e tira, tira.
Sono tanto fiera quanto gelosa delle mie origini. Guai a toccarmele, guai a spingersi oltre senza lasciapassare. Ho gettato l'atomica sopra una relazione durata anni appena mi hanno attaccato sulla mia essenza, sulle radici. Solo quelle forti, solo quelle profonde portano lontano, stillano linfa, non ti fanno cadere, danno un senso alla tua vita e sostentamento ai sogni. E, di conseguenza, sono quelle forti che suscitano invidie, scatenano cattiverie. Le radici profonde non gelano, mi ha insegnato la mia amica Stefania.
Sto costruendo qualcosa ora con chi la pensa come me, con chi soffre sofferenze indicibili per essere obbligato alla lontananza, forzato e costretto non per scelta, a differenza di me.
Ma sentire parlare de L'Aquila, raccontare quel dolore - che per me è unico, speciale, imparagonabile a nulla - mi destabilizza, mi riporta indietro a quella notte, in cui ho ricevuto la telefonata di mio padre poco dopo perché "Ho avuto pensiero che se l'avessi appreso dalla televisione avresti fatto un colpo. Siamo vivi, tutti". Prima di tutto, prima di tutto il resto. L'immagine di mio fratello sotto il letto, la mia amica che è rimasta giorni per strada, lo choc di una mia cugina, quell'altra scappata a Firenze, il mio migliore amico disperso per giorni, mia madre squassatadalla paura, mia nonna rassegnata ("Se è così che deve essere, così sia") e la freddezza di mio babbo, ancorato anche a quello, anche al suo terremoto. Perché non si trattava di aiutare a scavare gente - come ha fatto in Irpinia -, di aiutare la popolazione - come ha fatto in Umbria -, stavolta il terremoto era nostro e pertanto andava affrontato a viso aperto, con il mondo che ti balla sotto i piedi e travolge la vista e quel sibilo fortissimo nelle orecchie, quel vento che vento non è che fischia forte. E' un dolore che non è paragonabile a un lutto, non è paragonabile al dolore che si prova con la malattia, al dolore che si prova in qualsiasi altra cosa. E' un dolore unico, nel suo genere. E gridi e tiri pugni e ti disperi quando non ce la fai più. Ma non passa mai.

mercoledì 24 novembre 2010

Se telefonando io...

Insomma telefona, insulta, offende, riattacca senza consentire repliche - perché gli fa più comodo -, travolge tutto e tutti come un panzer con la tracotanza che si ritrova, urla. Mi fa quasi tenerezza, questo nonno a cui - nonostante tutto - nessuno è stato in grado di insegnare la buona educazione...

lunedì 22 novembre 2010

Tutte le strade portano a te

Di tutti i posti dove avrei potuto immaginare di incontrarti, certo non avrei mai pensato dov'è stato. Ero lì con la speranza di incontrare qualche collega che ha scritto su Limes, qualcuno - qualche mio simile, come mi dici sempre più spesso per prendermi in giro - con cui avrei potuto confrontarmi, dibattere su Israele e sulla sua politica, sulla deploratissima colonizzazione di Gerusalemme est e soprattutto ossigenarmi un po' senza scadere nei luoghi comuni, nella frasi fatte...Insomma, sentire un po' di gente che ne sa a pacchi.
Eri lì. E' bastato perdermi ed entrare dove non avrei dovuto per trovarti. Tu e le tue ombre, che di colpo si sono dissolte, tutte e otto. E parlavi delle arance di Peres.
Hai ragione. Tutto succede perché deve succedere, come mi diceva la mia amica Titti, che è anche una tua conterranea - ce l'avrete nel Dna, si vede -. Bene, sempre pensato anch'io.

lunedì 15 novembre 2010

Diavolo rosso

Michele Salvati sul Corriere l'ha chiamato "Effetto Vendola", Curzio Maltese su La Repubblica ha citato Giorgio Gaber, "libertà è partecipazione". Forse c'è stato anche l'effetto Elio, sprigionato da quel "Han distrutto il bosco di Gioia, 'sti grandissimi figli di troia", che venerdì è venuto giù all'unisono dal teatro Smeraldo. Fatto sta che mi ha fatto piacere svegliarmi a Milano questa mattina. E mi ha fatto ancora più piacere scoprire che è stato proprio Giuliano Pisapia, che sono andata a incontrare qualche giorno fa, ad avercela fatta.

Non ho nessuna voglia, ne' intenzione, tanto meno gli strumenti e la preparazione adatta a tracciare bilanci, a fare previsioni, a dire quel che è o quel che sarà in questa città che mi ha adottata ormai da cinque anni, a cui devo tantissimo e che amo alla follia. Non spetta certo a me. Eppure il primo pensiero che ho avuto è stato quello di sperare di incontrare Philippe Daverio, in pausa pranzo, nella norcineria che è a due passi dalla mia radio e dal suo studio. Appena arrivata a Milano, da assessore alla Cultura mi ha detto: "Milano è morta, i milanesi si sono rincoglioniti". Penso che abbiano dimostrato che no, non è vero e comunque - comunque vadano le cose nei mesi a venire - non è più poi tanto vero. "Vieni qui con noi a bere un'aranciata, contro luce tutto il tempo se ne va".

lunedì 8 novembre 2010

La meraviglia del creato

Giornata strana. Sono sopravvissuta - nell'ordine -: alla donna delle pulizie che già all'alba se ne è uscita con una battuta omofoba che fa onore al suo premier, al portinaio che ha avuto addirittura l'ispirazione di venirmi a spiegare perché Hitler se l'è presa con gli ebrei in Germania. Gli ho fatto notare di avere sangue ebreo, che scorre nelle vene ed è anche piuttosto caldo. Pensavo che avrebbe mollato il colpo ma non tutti i neonati hanno avuto il privilegio della visita della Fata dell'intelligenza, che vuoi farci. A ora di pranzo, il tecnico che legge Il Giornale in stereofonia. Invoco pietà e misericordia, capisco come scattano i raptus. Mi incuffio e vado di training: ripenso a sabato sera, alle parole di Nichi Vendola al teatro Dal Verme, all'aria buonissima che tirava. E penso alla sonata di Corelli. Mi passa, mi passa. Guardo il mio collega, respiro, vedi che mi passa... Se andassi a letto adesso, la giornata finirebbe prima? No, mi dice bene. Stasera Saviano. E chissenefrega della professionalità: lo prendo e lo bacio, guarda.

martedì 2 novembre 2010

E c'era Roma così lontana, e c'era Roma così vicina


Viviamo in un Paese che imbarbarisce giorno dopo giorno come fosse un processo a cui non si riesca a mettere freni, come in preda all'erosione carsica. "Un artista", "uno dello spettacolo", "de sicuro 'un era 'n politico", "un attore", "chièdilo a lui che de sicuro 'o sa". Sono alcune delle risposte alla domanda: "Lei sa chi era Pierpaolo Pasolini?". Ed il fatto di averle rivolte proprio a loro, ai romani, fa ancora più male.

Ma non importa. Ci stiamo abbrutendo ogni giorno di più, così come vuole chi ci governa. Ed oggi all'Eicma ce ne ha dato l'ennesima dimostrazione. E che taglia i fondi alla Cultura, che è la cosa che fa più paura in assoluto ai detentori delle leve, ai detentori del Potere.
E' il 2 novembre Pierpa'. Sono passati 35 anni e avevi previsto anche questo. Che meraviglia averti avuto, che privilegio grandissimo. Che amore grande. "E voglio vivere come i gigli dei campi, come gli uccelli del cielo campare, e voglio vivere come i gigli dei campi e sopra i gigli dei campi volare".

giovedì 28 ottobre 2010

Diritto all'oblio per tutti


Peccato per il signor Zingarelli, peccato davvero. A pochi giorni dall'uscita dell'ultima edizione del suo dizionario c'è già un neologismo in più che spopola di qua e di là, che l'Italia ha imparato a conoscere da questa mattina e chissà che successone ora che ne se accorge pure l'Europa tutta, compreso gli inglesi: il bunga bunga. Ormai l'indignazione, lo sgomento, l'esasperazione hanno lasciato il posto allo sconforto. Confido in una nuova Era glaciale. Almeno per i posteri, non se lo meritano. Cent'anni di buco, di vuoto cosmico, di blackout e sparisce ogni nefandezza. Un'Era glaciale, e passa tutto.

martedì 26 ottobre 2010

E lascia che il mondo viaggi


L'idea è nata gironzolando col mio bene per Torino. E Sarajevo sia.
Ci portiamo dietro Vicio - anche se ci ha bersagliati di messaggi subliminali sul "Grande gioco" di Hopkirk -, Andy no che muore dopo due ore, forse una mia amica, Sansone appena finisce le vaccinazioni e maglioni, cappotti e scarpe comode.
Ora, che ho "lo sguardo più dolce e i fianchi arrotondati".
Foto da qui

venerdì 1 ottobre 2010

Neanche se sei Eddy Merckx

Avrei voluto raccontare dell'inizio della mia nuova avventura a Torino, della chiacchierata con Mario Tronco dell'Orchestra di Piazza Vittorio, del ritorno di una persona speciale persa di vista da tanto. Invece no. Posto le parole di Michele Serra, al quale qualche pomeriggio fa al Teatro Franco Parenti non sono riuscita a dire a ne' bah. Posto le parole di Serra perché le condivido talmente tanto che avrei voluto scriverle io.

La nuova L'Aquila, periferia del centro commerciale
"Ricostruire un centro storico italiano è certamente un'impresa ardua, costosissima, forse impossibile. Proprio per questo sarebbe stato onesto - soprattutto nei confronti degli aquilani - evitare l'odioso spettacolo, trionfalista e irritante, della "ricostruzione dell'Aquila" servita in tutte le salse da un apparato mediatico, diciamo così, non particolarmente proprenso a indagare sulla realtà oggettiva. Io credo che il governo abbia avuto dei meriti operativi tutt'altro che trascurabili, dando un tetto a molte persone. Al netto delle eventuali speculazioni, parecchio è stato fatto. Ma quella non è l'Aquila, quella non è una città. E' un agglomerato d'emergenza, certamente più dignitoso delle ignobili baraccopoli nelle quali sono stati stipati per decenni, per generazioni altri terremotati italiani. Ma non tale da restituire agli aquilani la loro città e la loro identità.
Credo e temo che nel gongolante bilancio che Berlusconi ama fare di questa vicenda, conti anche la sua cultura urbanistica. I nuovi quartieri, puliti e senz'anima, sono il suo pane e il suo vanto. Gli devono parere bellissimi, senza la patina antica e la storia profonda che l'Italia vera possiede. Di qui - anche di qui - la sua certezza di aver "ricostruito l'Aquila" avendo fatto, invece, tutt'altra cosa. Sarebbe stato assai meglio avere l'umiltà di dire, fatti i dovuti rilievi e le dovute analisi, che non era possibile ridare l'Aquila agli aquilani, o perché troppo costoso o perché tecnicamente improbo".
Da Il Venerdì di Repubblica

lunedì 20 settembre 2010

Come te nessuno mai


Subito in vetta alla mia hit-parade dei giorni indimenticabili. E prima ancora di incontrarlo sapevo già che tanto sarebbe andata così. L'ho aspettato facendo il conto alla rovescia dei giorni e poi dei minuti, immaginando la scena nella mia testa, come provando davanti allo specchio, pensando e scegliendo accuratamente parola per parola.
Avrei avuto l'occasione per chiedergli qualunque cosa, compreso che fine ha fatto Nuni e se nel corso della sua vita ha più reincontrato il piccolo arabo che volò giù dall'albero. Prima che lui diventasse Amos Oz, quando se ne andava in giro sgambettando per Gerusalemme, come fanno i bambini, senza poter immaginare allora che da grande avrebbe regalato al mondo una "visione senza filtro", come ha saputo sintetizzare perfettamente Moni Ovadia, che nessuno mai.
Di quelle mani strette nelle mie, di quegli occhi di una limpidità mai vista in altri occhi, di quel senso di calore denso che sentivo dentro mi resta questa sensazione, come di un sogno. Incredibile, com'è ovvio, ma vicino e nitidissimo.

lunedì 6 settembre 2010

Come me stessa

Una voglia tremenda di papaya, di quelle che ti prendono e non mollano più. Mi vesto e penso di scendere in strada per andarla a cercare. Mi serve un compagno d'avventura che non si formalizzi troppo per l'orario - mezzanotte e quaranta -. Allora telefono a Vinicio che ormai, come una brava tata, si materializza e mi asseconda. Cominciamo a girarci Milano in bicicletta, uno che pedala, l'altra che frena e si lamenta per il pavè. Un'auto ogni tanto, qualche tram che stride sulle rotaie. Guardiamo com'è la notte al Ticinese, in viale Abruzzi, via Porpora, piazza Aspromonte. E poi andiamo più su, tocchiamo la Bovisa, pensiamo ai panettieri, a chi lavora in radio, agli operai che passano ai tornelli a notte fonda, agli infermieri e ai medici negli ospedali. Isola, via Farini, il Monumentale, con i disperati che ci vengono incontro per qualche moneta. Ovviamente la papaya non l'abbiamo trovata. "Ordinanze anti-degrado", le chiamano. E lo scrivo mentre a Milano rimbalza il solito triste spettacolo sull'opportunità o meno di costruire una moschea. Che verrebbe usata né più, né meno per fare quello che la stragrande maggioranza dei cristiani fa in chiesa (esulando dal caso Claps e dalla tumulazione di De Pedis, ovvio). Osservo poco e pratico ancora meno ma "Ama il prossimo tuo come te stesso" non l'ho certo lasciato detto io, ai posteri.

lunedì 23 agosto 2010

Nel grembo della terra ho seminato un grido. Quattro


E' andata così: sono salita in macchina e mi ci hanno portato. Tre giorni dopo aver detto al mio amico Gab: "Non ancora, perché non me la sento". Poi ho pensato che era giusto tornare a L'Aquila, perché era ora. E ho avuto la reazione che ho avuto, com'era prevedibile. E ovviamente ce l'ho avuta a Collemaggio, l'ultimo posto che avevo visto prima dello squarcio, il Conservatorio, perché mio fratello mi aveva portato con lui.
Mi sono infilata in una giungla di imbragature e mastodontici cinturoni di sicurezza, come quelli delle auto. Mi sono fatta coraggio e dopo tanti passi ho incontrato il cielo, dentro. Al posto della volta, c'è il cielo. E questo basta anche per il resto.

Franz Di Cioccio, Pfm, che è di Pratola Peligna, l'altra sera mi ha parlato in dialetto. Mi mancava. "Abruzzo - mi fa -, ti amo. Tutto". A modo mio, ma anch'io.

martedì 3 agosto 2010

Innamorati di tutto


Cioè, ho capito bene? Quelli che volevano andare a tagliarsi un albero da quegli altri, che hanno risposto con due katiuscia e si sono ribeccati svariati colpi di mortaio. Morti, giovani, almeno 3. Chissà quanti di più. Lo facessi io mi beccherei due insulti e magari una palancata dal mio vicino, nient'altro.

Ero davanti alle agenzie, mi scorrevano sotto gli occhi questa mattina quando ho saputo quanto stava di nuovo accadendo tra Israele e Libano. Situazione non molto diversa da quello che è accaduto nei giorni scorsi, quando gli spari e i missili partivano da e approdavano a Gaza.

Ho scritto al mio amico Lorenzo, che mi ha chiamato l'altro giorno per dirmi di essersi deciso a fare quello che ha sempre voluto fare e che ha preso casa a Gerusalemme, quartiere armeno, e mi ha dato della quaquaraqua (ma questo è un altro discorso). Ho scritto a Lorenzo perché sa quanto mi sento male quando capita quello che sta accadendo magari anche adesso che lo scrivo qui sopra per raccontarlo a chissà chi. E ho scritto a Lorenzo perché è un meraviglioso folle che ha dedicato alla questione mediorientale almeno 20 anni della sua esistenza ed è l'unico con il quale riesco a parlare di una cosa per me tanto delicata e che finora il 99% delle persone che ho incontrato ha dimostrato di non riuscire ad andare oltre la logica di parte con la profondità di chi va ad assistere al derby (non me ne vogliate) o schierandosi manco fossimo a discutere di guelfi e ghibellini, di laici e credenti, di velina mora o della bionda, di carne o pesce.

"Perché? Perché mi innamoro di tutto e corro dietro ai cani". Quello di cui avevo bisogno. 
Fotogramma dal film "Il giardino dei limoni"

giovedì 22 luglio 2010

L'anno della lepre

Milano, 9 di sera. Due ragazzi passano in motorino cantando a squarciagola. Davanti il castello, nessun rumore, vento tiepido. Al Dal Verme parlano della Nanda. Voglia di cinese. Giro in libreria. Gruppetto di turisti sfilano chissà verso dove. Voglia di casa, ma con calma, non subito. Telefono che squilla: "Guarda che in scaletta c'è Dentro Marilyn".

venerdì 9 luglio 2010

lunedì 5 luglio 2010

Buchi e 'mbuti


"Per fortuna c'è ancora qualche giudice, c'è ancora un'opposizione, c'è ancora qualche giornale ad impedire che la democrazia si spenga sotto una cappa di piombo. E c'è un presidente della Repubblica che fa fino in fondo quello che deve fare. Gli elementi per combattere una buona battaglia ci sono dunque tutti".

Eugenio Scalfari, "Quel buco nero del quale non si parla"

mercoledì 16 giugno 2010

Io e l'atomica


Adesso basta davvero. E' intollerabile sentirci ripetere ancora falsità abnormi, essere continuamente bombardati da messaggi distorti, viziati, piegati e usati al fine del proprio tornaconto personale. Proprio e degli amici e colleghi. Non è vero che siamo tutti spiati, non è vero che la privacy di ogni privato cittadino è messa a repentaglio dal sistema di leggi attuale. Non è così. E se il famigerato ddl sulle intercettazioni dovesse passare c'è la Corte di Strasburgo che interverrà e ristabilirà il giusto. Ne sono certa. Anzi, vi dirò: sono piuttosto tranquilla.
Ma vedere - come è accaduto nei giorni scorsi - giornali che escono in bianco, articoli contrassegnati da un post-it giallo che spiega e avverte che del contenuto se ne può prendere coscienza oggi sì e domani chissà, non può che angosciare. E rimandarci alle pagine più nere della nostra storia patria.
Fa male alla nostra giovane democrazia l'uso criminoso che stanno facendo con la pratica di leggi e leggine fatte ad hoc per difendere i soliti interessi sporchi e le malefatte di alcune persone. Alla Costituzione italiana ci si è arrivati col sangue, con il dolore, con i sacrifici, passando per la morte di gente "normale", come mio zio, come mio nonno, come il vicino di casa. L'ignoranza è un male assoluto ma la mancanza di rispetto lo è ancora di più.
Tra le cose che mi hanno più scosso negli ultimi tempi e che mi hanno spinto a riflettere ci sono le lettere scritte dai partigiani condonnati a morte e il quinto capitolo de "I Fratelli Karamazov" di Dostoevskij, "Il grande inquisitore". Letti? Fatelo. Poi ne riparliamo. Anzi, non servirà riparlarne, non servirà aggiungere nient'altro, filosofeggiare, considerare niente.
Forse è vero che ci è rimasta "solo un po' di poesia, per farli sentire ancora più merde", come spiegava Paolo Rossi in occasione del suo "Mistero Buffo". Quello che vedo io è che non esistono poteri buoni. Ricordiamocelo sempre.

martedì 1 giugno 2010


Una della pagina più nera della storia del Paese. Quanto accaduto ieri in Israele è una delle pagine più dolorose, più cupe e anche più difficili da capire in assoluto e, di conseguenza, da spiegare. Come per i bombardamenti al fosforo o Sabra e Chatila. Siamo al potere assoluto della paranoia. Ed è uno choc.

Così Gad Lerner sul suo blog
Per la cartina, Limes

mercoledì 12 maggio 2010

Chissà se trema


La prima tesi di fondo è che il terremoto ha provocato danni e dolori a tanti e procurato affari d'oro a pochi affaristi, tutti agganciati con la politica. La seconda è che L'Aquila è stata un laboratorio di privazione delle libertà individuali con la scusa dell'efficenza e di una protezione forse troppo paternalista. Detto ciò, non potevo non andare a vedere Draquila, l'Italia che trema, che sarà presentato fuori concorso, in questi giorni, a Cannes.
Ovviamente l'ho visto a modo mio: fiumi di lacrime ogni due per tre e mal di stomaco fino al giorno dopo per la rabbia e l'impotenza. Schierato, partigiano, estremo. Questa volta però dico grazie a Sabina Guzzanti: è riuscita a raccontare quello che altri - in primis i giornalisti - non hanno potuto. E partendo da una realtà locale è riuscita a dare una fotografia completa dello stato dell'intera nazione. Se avete l'apertura mentale di andarlo a vedere, capirete anche voi.

Nella foto (Apcom) la Guzzanti con il sindaco, Massimo Cialente

venerdì 7 maggio 2010

Parole che volano

No che non sono sparita, e non vi abbandono. Da quasi una settimana sono tornata a fare il mestiere che più mi piace in assoluto: la radio. Mi diverto da matti e non vedo altro, non riesco a pensare altre parole da riportarvi quassù. Torno presto, credo. Per il momento basta sapere che sono felice come non mi succedeva da un po' e non posso che augurarlo anche a voi.

mercoledì 21 aprile 2010

Zonker e i suoi orfanelli


Era convinto che non sarebbe mai morto ma aveva comunque lasciato istruzioni precise sul suo funerale. Voleva che fosse una grande festa, una sorta di meeting assolutamente all'insegna della gioia di stare insieme. Ricordo - tra le varie richieste - quella di svariate suonatrici d'arpa birmane. E poi musica, fiumi di vino e da mangiare, lanci di petali di rose, la presenza di tutte le donne della sua vita, "mi raccomando, tutte e tre", il figlio Guido che avrebbe suonato, che avrebbe cantato De Andrè in mezzo a una parata di genti, suoni, colori e momenti di allegria. Aveva lasciato scritto anche le parole da non usare: le solite, quelle scontate e piatte a cui si fa sempre ricorso tipo "vuoto incolmabile", "non ti dimenticheremo mai", persona esemplare e giù così. Se poi magari in un angolo si fosse consumata una sveltina sarebbe stata accolta come atto di gratitudine nei confronti della vita, mica come offesa alla morte. Voleva anche la bara bagnata col vino: "Mica tutto a voi, sono io che pago". E sulle ceneri: "Attenti alla direzione del vento, sennò fate la fine de Il Grande Lebovsky".
Oggi i suoi resti, dopo più di cinque anni e mezzo, saranno riconsegnati alla sua famiglia. Su quanto accaduto in Iraq, su quanto fatto e no da politici e autorità, ho sempre avuto e continuo ad avere le mie idee, ma non le vengo a scrivere su questo post. Quello che mi preme dire è che a Enzo G. Baldoni si è voluto e si vorrà sempre un gran bene perché - che gli piaccia o no - era davvero splendido. Caro Zonker, ti aspettiamo.

martedì 6 aprile 2010

Nel grembo della terra ho seminato un grido. Tre

Oggi non piove
la terra non si muove
vola farfalla
la terra oggi non balla
ieri pioveva
la terra si muoveva
sabbia di mare
casa mia non sa ballare
resta ferma e cade giù
casa mia non ce l'ho più

Ma oggi non piove
facciamo case nuove
case farfalla
gentili le vorrei
che se la terra balla
loro ballano con lei.
Bruno Tognolini

Ore 3.32 del 6 aprile del 2009: 308 vittime, duemila feriti e una ferita che non si rimargina.

giovedì 1 aprile 2010

Quello che il prete dice (e non fa)


Il monito puntuale agli elettori a tre giorni dal voto per le regionali, l'intervento puntuale del Papa contro la pillola RU486 - farmaco che l'Organizzazione mondiale della Sanità ha incluso nella lista di quelli essenziali e al quale qualche mese fa ho dedicato un lungo post che oggi vi risparmio - nello stesso giorno del via libera negli ospedali, l'interferenza puntuale di Monsignor Fisichella, che plaude a quanti si dichiarano pronti a negare, con la forza e l'imposizione, alle donne un diritto di scelta, determinando senza dubbio la somma di altro dolore al dolore.
Si dice che la libertà di pensiero e parola fa l'uomo libero. E va bene dire la propria, in un Paese libero e democratico, è giusto che ognuno si senta libero di intervenire e rendere gli altri partecipi delle proprie opinioni e convinzioni. E ciò senza ombra di dubbio è valido anche per una figura che ha la missione di guida spirituale suprema, ascoltata da milioni fedeli e seguaci della religione, quella Cattolica, per i quali è innanzitutto - lo insegnano al catechismo - il vicario di Cristo in Terra. Non dimentichiamolo: prima ancora che Capo di Stato, il Papa è vicario di Cristo, praticamente Cristo stesso.
E allora perché non si interviene con altrettanta puntualità sul tema della pedofilia? Perché davanti a questo tema, a questo problema, a questo scandalo - ognuno lo definisca come vuole -, i vertici della Santa Romana Chiesa hanno fin qui opposto solo silenzio e tentativi di discredito verso le presunte vittime e i media che hanno svelato "il segreto" e la sua copertura? Diano delle risposte. Credo le debbano a tutti, soprattutto in segno di rispetto verso quanti credono in loro e nelle cariche che ricoprono. E' di importanza fondamentale ed essenziale, pari - se non superiore addirittura - alla questione etica della vita e di come considerare ogni singola cellula che ne costituisce il fondamento.
La vignetta è apparsa su Il Fatto Quotidiano ed è di Mario Natangelo

venerdì 26 marzo 2010

La bellezza salverà il mondo


Mi sono commossa perché sono nata nel dopofascismo, perché ho quasi l'età in cui hanno ammazzato Impastato, perché c'è gente più coraggiosa di me, perché c'è stato chi ha pagato col sangue per poter regalare agli altri quello che è scritto nell'articolo 21 della nostra Costituzione.

Mi sono commossa perché questo Paese ha avuto anche persone come Danilo Dolci e come la partigiana Lia (e sì, l'Italia ha avuto anche gente così).

Mi sono commossa davanti alla naturalezza con cui Piovani si è seduto al pianoforte, perché ho visto professionisti veri e che stimo e che mi fanno sentire fiera di quello che ho scelto di diventare (anche se l'unica cosa che posso vantare di avere in comune con loro è un tesserino piuttosto demodé).

Mi sono commossa perché mi hanno fatto pensare che non siamo un Paese di soli rincoglioniti. "La bellezza salverà il mondo", diceva Dostoevskij. Mi sa che è vero.
(Foto da qui)

martedì 23 marzo 2010

Chi si muove con grazia


La legge di riforma del sistema sanitario negli Stati Uniti sarà tra gli elementi che faranno passare alla storia il presidente Barack Obama. Trentadue milioni di persone, sì, trentadue, avranno la possibilità per la prima volta di poter godere della copertura assicurativa (che Oltreoceano è completamente privata) e quindi del diritto alle cure. Una battaglia senz'altro coraggiosa, quella di Obama: la riforma è stata duramente boicottata dallo schieramento repubblicano e, con molta probabilità, potrebbe creare problemi al presidente nel voto di novembre, il cosiddetto voto di midterm.

Ebbene, Obama è riuscito a portare avanti la sua battaglia nonostante questo, tenendo conto che il via libera può costargli caro in termini di governabilità e soprattutto di rielezione. Ma ha preferito anteporre un diritto essenziale per milioni di persone al suo tornaconto personale, festeggiando con queste parole: "L'America è ancora capace di grandi cose". Questa è vera politica. "La grazia non ha peso e fa sorridere - scriveva Nelo Risi -. Il potere è goffo che ti fa piangere".
(Foto da nytimes.com)

venerdì 5 marzo 2010

Il compleanno di Ennio


"La situazione politica in Italia è grave ma non seria".

Oggi Ennio Flaiano avrebbe compiuto cent'anni, l'età della mia prozia. Credo però lui sia felicissimo di esserseli risparmiati, visti i tempi.

(Foto da Panorama.it)

giovedì 4 marzo 2010

E indovina chi viene a cena?

di Lorenzo Trombetta
La vigilia del Natale musulmano è stata celebrata a Damasco con una cena di gala organizzata dal presidente siriano Bashar al-Asad alla quale era invitato non solo il suo collega iraniano Mahmud Ahmadinejad, in visita ufficiale in città, ma anche il leader del movimento sciita libanese Hezbollah, il sayyid Hasan Nasrallah.

Avaro di apparizioni in pubblico per ovvi motivi di sicurezza ma anche per mantenere spessa la coltre di mito che aleggia attorno alla sua figura, Nasrallah si è lasciato comodamente riprendere dall'agenzia ufficiale siriana Sana a fianco di al-Asad e Ahmadinejad, che vengono da più parti indicati come i suoi due principali sponsor regionali. Sul suo noto blog, il commentatore libanese As'ad Abukhalil si chiede chi sia oggi il più forte tra al-Asad, Ahmadinejad e Nasrallah. Abukhalil afferma senza ombra di dubbio che il leader libanese è la personalità più influente tra i tre e che il movimento sciita non sia affatto sottomesso al volere di Teheran come invece vuole la vulgata.

La domanda è cruciale perché è attorno alla natura del rapporto tra Hezbollah e la Repubblica islamica che da tempo si discute per cercare di prevedere la portata degli eventi regionali. Negli ultimi mesi, con l'aumentare delle pressioni americane (giusto qualche giorno fa il Segretario di Stato americano Hillary Clinton, in visita a Damasco, aveva chiesto al presidente Al-Asad di prendere le distanze dall'Iran, col risultato che il giorno seguente, all'arrivo di Ahmadinejad in Siria, lo stesso Al-Asad ha rassicurato l'alleato persiano: "Condiviamo gli stessi interessi e obiettivi, e anche gli stessi nemici", n.d.r.), europee e israeliane contro l'Iran per il suo presunto programma nucleare a scopi militari, e con la conseguente crescente minaccia di una prossima guerra in Medio Oriente tra i giganti israeliano e persiano, ci si interroga sul ruolo che il movimento sciita libanese potrebbe ricoprire in uno scenario bellico.

giovedì 25 febbraio 2010

Ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato


"Siamo realisti, vogliamo l'impossibile". Me lo ha detto stamattina una mia collega che si è definita un'ex sessantottina e me lo ha detto con una vena non troppo dissimulata di nostalgia e tenerezza verso questo slogan. Mi sono venuti in mente gli operai sui tetti, i terremotati ancora negli alberghi sulla costa - come ha raccontato nella scorsa puntata di Presa Diretta l'ottimo Riccardo Iacona -, l'imprenditore vicentino che si è tolto la vita due giorni fa perché non sopportava l'idea di dover licenziare i suoi lavoratori, la rom che ho visto una mattina presto con un bustone di banane marce che si portava via con fierezza dal supermercato, una compaesana che si spaccia per mia amica con mia mamma per avere il voto alle elezioni comunali, lo sciopero degli immigrati del primo marzo, io che ho sognato stanotte di aver dormito a casa di Stu', Bertolaso, gli appalti truccati e i "furbetti" che continuano a spopolare in tutti i quartierini, Sandro Pertini, la satira di Cuore che forse non tornerà più e manca, dio quanto ci manca, mio papà che non posso vivere senza, Paolo Pietrangeli, che magari avrà avuto anche lui un risveglio maglianese col Velino davanti agli occhi e l'aria pulita e senza l'inutile cicaleccio che spesso mi circonda. "Voi gente per bene che pace cercate/ la pace per far quello che voi volete/ ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra/ vogliamo vedervi finir sotto terra/ ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato/ nessuno più al mondo deve essere sfruttato".
Lo so che voglio l'impossibile ma mi mantiene viva.
Nella foto Pertini, di Andrea Pazienza

venerdì 12 febbraio 2010

Perle

"Con te si può parlare.
Disordinare il destino, rimandare il mattino."
Morgan, La Sera

E scusate ma la trovo bellissima, guys, la posto qua per i momenti di bassi.

mercoledì 10 febbraio 2010

Molto forte, incredibilmente vicino

E' passato un anno da quando su questo blog è comparso il post "Un uomo", scritto per Beppino Englaro. Oggi lascio spazio alle sue parole.

Un anno è passato dalla "fine di un incubo". Era un incubo nostro, degli Englaro, perché avevamo una componente della famiglia in balìa di mani altrui, contro la sua volontà. Ma credo che questo incubo familiare sia entrato in molte case. Incontro sempre più persone che vogliono stringermi la mano, salutarmi e dirmi grazie. Penso che questa gente abbia capito il senso dei diritti individuali di libertà delle persone. Sono convinto che molti si siano resi conto del prezzo che abbiamo pagato.
C'è una questione che viene sempre capovolta. Mi sento dire: "Mai più Eluane". E cioè mai più contro la sacralità della vita e la sua indisponibilità. Ma, secondo me, è l'esatto contrario. E cioè, nessuno deve avere il potere di disporre di un'altra vita com'è avvenuto per Eluana. Il miglior modo di tutelare la vita in tutte le situazioni è affidarne le decisioni a chi la vive. Sia a chi è in condizioni di intendere e volere, sia a chi non è più capace, ma ha spiegato che cosa avrebbe voluto per sé. (...) C'è chi la pensa in maniera diversa, e lo so bene. Ma so bene anche che mentre Eluana moriva, il Parlamento aveva organizzato una corsa per approvare una norma che annullasse quello che aveva stabilito la Corte di Cassazione.
C'era un giudicato e c'erano dei politici che volevano sovvertirlo. C'era una nostra lunga e dolorosa battaglia, e c'era chi voleva farne carta straccia. Sembrava che quella legge fosse indispensabile per gli italiani. Che fosse fondamentale per la salvaguardia ideologica di alcuni partiti. Adesso io vorrei dire: è passato un anno e la legge non c'è. Come mai? A che punto è? Tutta quella forza d'urto lanciata mentre una ragazza moriva dov'è finita?
Vedo che non hanno capito niente: i politici ne hanno fatto una questione di conflitto di poteri, di chi decide cosa. (...) I cittadini vogliono essere messi in condizione di assumersi le loro responsabilità. E non essere trattati come se non fossero responsabili delle loro scelte di coscienza. (...)

Estratto da "la Repubblica" del 9 febbraio 2010

martedì 26 gennaio 2010

Chi non ha memoria, non ha futuro

"(...) Poi il camion attraversò la città , fino a imboccare il sottopassaggio di via Ferrante Aporti, e ci ritrovammo nei sotterranei della stazione, binario 21. (...) Nessuno di noi conosceva quei sotterranei, quel ventre nero della stazione Centrale, che ora chiediamo diventi un luogo della memoria, perché migliaia di persone sono partite da quei binari e non hanno fatto ritorno". Così raccontava l'internata 75190. Così raccontava Liliana Segre alcuni anni or sono nel libro-testimonianza "Sopravvissuta ad Auschwitz" (edizioni Paoline). Oggi, dopo anni di volenteroso e tenace impegno, viene posata la prima pietra del "Memoriale della Shoah di Milano", dove un tempo si trovava il binario 21. Era il 30 gennaio 1944, Liliana aveva 13 anni. Con lei altri 604 senza destino e tra questi i Silvera, amici carissimi della mia famiglia: il padre Lelio, la madre Bahia Laniado e la giovane figlia Violetta. Racconta la Segre: "Mi ricordo il signor Silvera, che con altri uomini pii si metteva nel mezzo del vagone, si metteva il tallet (il manto rituale) sulle spalle e pregava (...). Violetta e io ci guardavamo, le speranze erano perdute". "Se anche dovessi camminare nella valle della morte, non temerei alcun male, perché tu sei con me", recita il salmo 23 salmodiato in ebraico "Gam Gam...". Morirono tutti, come anche il papà di Liliana, Alberto; solo lei e pochi altri si salvarono. "Migliaia, anzi milioni di volte mi sono chiesta perché sono sopravvissuta alla Shoah. ma non c'è risposta". Liliana sarà lì oggi, al binario 21, con un'altra sopravvissuta, Goti Bauer, una dolce, anziana signora, che mai nessuno, vedendola oggi, potrebbe pensare sia scampata all'inimmaginabile. Lei, che ad Auschwitz fu deportata e perse padre, madre e fratello, proveniente dal campo di Fossoli, confessa: "Ho sempre invidiato chi ad Auschwitz è arrivato da solo (...) chi non ha vissuto lo strazio della perdita dei genitori, dei figli, dei fratelli". Liliana e Goti ricordano a tutti che gli aguzzini nazisti continuavano a ripetere: "Morirete tutti, ma se per caso qualcuno tornerà e racconterà, nessuno gli crederà". Loro hanno perso, il "Memoriale della Shoah di Milano" ne è la prova, oggi il ventre nero è meno nero. Comprendere quello che accadde è impossibile, ma la memoria è necessaria per conoscere e ricordare ciò che fu e che mai più dovrà essere.
Grazie a Sergio Harari, Corriere della sera

Altre letture consigliate: "Necropoli", di Boris Pahor,
e ovviamente Primo Levi, "Se questo è un uomo".
Io vado di Grossman, David, "Vedi alla voce: Amore":
mai come in questo periodo desidero
che portino a casa anche a me un nonno nuovo.