lunedì 31 ottobre 2011

Uscita di sicurezza

La nonna della mia amica-come-fosse-sorella non c'è più. La notizia mi arriva stamattina, dall'Egitto. Il pensiero della distanza mi strugge: pensieri, specchi velati e Kaddish, così da sentirmi più vicina a Puti. Mi tocca molto anche perché la mia di nonna, Stu', è cresciuta negli stessi luoghi. Stessa generazione, stessa tempra. Era nata sulla costa, però, perché appena 12 giorni prima c'era stato il terremoto del 1915 e il bisnonno Federico caricò la bisnonna Cecilia sul carretto e la portò nel posto più sicuro possibile, a casa dei suoi, nel Teramano. La Marsica non c'era più.

La notizia mi coglie oggi poco prima che un'altra amica mi mette davanti agli occhi la puntata di ieri di Report: fuori casa, mi ero persa l'ultimo servizio sulla ricostruzione de L'Aquila e sui 221 milioni stanziati dal Cipe per le scuole danneggiate dal terremoto. All'inizio penso di non capire, resto senza parole, lo guardo come senza audio. Sfilano davanti ai miei occhi le facce degli amministratori locali che, ahimé, conosco e riconosco. Poi no, poi mi assale una rabbia cieca, mista a un senso di impotenza.

“Nel terremoto morivano infatti ricchi e poveri, istruiti e analfabeti, autorità e sudditi. Nel terremoto la natura realizzava quello che la legge a parole prometteva e nei fatti non manteneva: l'uguaglianza. Uguaglianza effimera. Passata la paura, la disgrazia collettiva si trasformava in occasione di più larghe ingiustizie.
Non è dunque da stupire se quello che avvenne dopo il terremoto, e cioè la ricostruzione edilizia per opera dello Stato, a causa del modo come fu effettuata, dei numerosi brogli frodi furti camorre truffe malversazioni d'ogni specie cui diede luogo, apparve alla povera gente una calamità assai più penosa del cataclisma naturale. A quel tempo risale l'origine della convinzione popolare che, se l'umanità una buona volta dovrà rimetterci la pelle, non sarà in un terremoto o in una guerra, ma in un dopo-terremoto o in un dopo-guerra”. Lo ha scritto Ignazio Silone, in “Uscita di sicurezza”.

sabato 29 ottobre 2011

Buontempo

'Parole profonde, rispettose e lucide', 'Shalom', 'benvenuta', 'Mazel Tov' e alla fine, in consegna, 'Abbracciaci Roberto'. Custodito tra le pagine di un libro partito da lontano e passato di mano in mano, il biglietto l'ho trovato sul tavolo di casa. Leggo e rileggo e mi passa la stanchezza, passa il sonno, passa questo periodo di solitudine forzata in nome della “sicurezza”, sempre prima di tutto, anche della ragione, delle ragioni, del senno.

Passo le dita sul cartoncino lucidissimo, penso di incorniciarlo per non sciuparlo a furia di guardarmelo. Me l'avevano anticipato quanto sarebbe stata dura, ma non all'inizio, man mano che il tempo sarebbe passato: più ci avrebbe stretti, più ne saremmo stati coinvolti. Tra qualche giorno sarà trascorso un anno esatto da quando ho aperto una porta che non avrei dovuto, dietro cui tutto era come in attesa di passarmi dentro.

365 giorni o quasi. Prima e dopo. Panorami visivi e mentali che a vederli ridimensionati da un numero ti sembrano niente. Prendi a pensarli: incontri, passi, volti, chilometri, compagnie, strade, persone, parole, ore, risate, musiche, delusioni (poche, forse perché le rimuovo quasi subito), le notti bianche, quelle lunghe e i giorni senza notti, sguardi, case, mani, sedie, bagagli da fare e da tenere pronti, stanze, bicchieri, luci viste dai finestrini, silenzi, biglietti, appunti, scatti, canti, discanti.

Poche sere fa si discuteva - e si festeggiava - il rilascio del caporale israeliano Gilad Shalit e la liberazione di centinaia di detenuti palestinesi. Ho sostenuto con forza che no, non ci vedo niente di politico: la Politica, quella vera, penso debba essere tesa esclusivamente al conseguimento del bene comune. Sarei allora più propensa a parlare di sforzo diplomatico, ma in questo caso vedo solo il rischio che si tramuti in strategia crudele, incentivando e incoraggiando le parti a perseverare nella pratica di vite da prendere in ostaggio per ottenere altre vite in cambio. E quando è la mera strategia a rubare il posto alla politica, il pericolo concreto è la regressione allo stato di natura.

sabato 15 ottobre 2011

Fiducia nel nulla migliore

Insomma sono quasi le due del mattino e Rob è da poco riapprodato a Milano di ritorno da Roma. Dopo un pomeriggio di tormenti, tiriamo il fiato. Tra poche ore sui giornali troveremo anche le sue, di foto. Intanto a casa mia sorella ci spignatta una pasta all'aglio e olio per il bello di fama e di sventura. E intanto penso che questa è la notte del 16 ottobre. E mi torna in mente quella di Roma del 1943.

Pomeriggio tremendo, dicevo. Un peccato, un autentico peccato. La rabbia, la preoccupazione, lo sconforto. Buttiamo un occhio alle prime pagine dei giornali. E' veramente svilente e sfinente com'è finita, oggi a Roma. Appena partito il corteo, mi sono tornati in mente i gruppi e le organizzazioni alteromondiste viste a Genova dieci anni fa: ecco dove sono ora, mi sono detta. Invece mi sbagliavo.

E ora? Cosa abbiamo tra le mani, ora? Ce lo chiediamo l'un l'altro, prima di consacrare il giorno che nasce alla lettura di pagine e pagine di fior di opinionisti. Noi, prima generazione di figli che staranno peggio dei propri genitori, "senza futuro" ma senza futuro per davvero, un tirare a campare continuo, senza prospettiva alcuna. Mettilo al mondo, un figlio in queste condizioni: con il rischio di ritrovarsi per strada da un momento all'altro, con le nostre esperienze e professionalità acquisite che è bene togliere dai curricula, perché intralciano nella ricerca di lavoro. Noi donne che basta un ritardo di qualche giorno per farci sentire sull'orlo del precipizio. Non adesso, non ora, aspettiamo. Ma il tempo scorre e inghiotte vita e certezze. E giorno dopo giorno, è morire a poco a poco.

lunedì 10 ottobre 2011

I destini che abito

Di rara bruttezza, come ho detto appena uscita dal cinema. Inconcludente, superficiale, a tratti scontato, freddo, prevedibile, furbo, piatto, senza smalto. Parlo dell'ultimo film di Pedro Almodòvar, La pelle che abito, e lo dico subito, tanto per mettere in chiaro dove sto andando a parare.

Premessa: amo Almodòvar e sono arrivata al cinema per sprofondare nelle sue pieghe, nei suoi parallelismi, nelle sue voragini affettive, nei suoi personaggi, nelle loro essenze profondissime o anche solo riempirmi gli occhi della fotografia, caldissima, quel rosso, arancio e blu, che trovo in tutti i suoi film (e che, appunto, ribadisco, amo). Ma non l'ultimo, l'ultimo no, pietà. Ho sofferto davvero, seduta in quelle poltrone tremende. Roba da uscire, tanto per non avere conferme dai titoli di coda.

Mio fratello ha tirato fuori la teoria della curva gaussiana. Vale per tutti, mi fa: scrittori, musicisti, registi. Si arriva all'apice e poi, inesorabilmente, tocca scendere. La mia amica ci ha visto dentro un'accozzaglia di temi importanti, appena abbozzati ma mai approfonditi, troppi tutti insieme e sprecati: dalla transgenesi allo stupro, dalla patologia psichica alla violenza psicologica, la sete di vendetta che si fa abbrutimento, la sofferenza del corpo e dello spirito davanti alla prorompenza di un'identità sessuale che non è quella che appare, il rapporto vittima/carnefice, e chissà quant'altro mi sfugge.
Lo racconto al telefono anche alla mia sorella nell'arte e nella vita, che è Andy. Tempo qualche ora e mi piomba in casa con uno dei suoi budini migliori: un odor di vaniglia che, ci scommetto, avrà dato la sveglia all'intero palazzo. "Querida - mi sbertuccia dal citofono - siamo in tre: il gay, l'ebreo e la nera. Facci salire che il prossimo film di Pedro lo si gira a casa tua".

sabato 1 ottobre 2011

Comma ammazza-blog: un post a Rete unificata #noleggebavaglio

Anche questo blog di liberi pensieri semplici aderisce all'iniziativa degli amici di Valigia blu: condividere, postare (anche su Facebook e su Twitter), diffondere lo stesso post come segnale di protesta contro il comma 29 del disegno di legge in materia di riforma delle intercettazioni, cosiddetto "ammazza-blog". 


Cosa prevede il comma 29 del ddl di riforma delle intercettazioni, sinteticamente definito comma ammazzablog?

Il comma 29 estende l’istituto della rettifica, previsto dalla legge sulla stampa, a tutti i “siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”, e quindi potenzialmente a tutta la rete, fermo restando la necessità di chiarire meglio cosa si deve intendere per “sito” in sede di attuazione.

Cosa è la rettifica?
La rettifica è un istituto previsto per i giornali e le televisione, introdotto al fine di difendere i cittadini dallo strapotere di questi media e bilanciare le posizioni in gioco, in quanto nell’ipotesi di pubblicazione di immagini o di notizie in qualche modo ritenute dai cittadini lesive della loro dignità o contrarie a verità, questi potrebbero avere non poche difficoltà nell’ottenere la “correzione” di quelle notizie. La rettifica, quindi, obbliga i responsabili dei giornali a pubblicare gratuitamente le correzioni dei soggetti che si ritengono lesi.

Quali sono i termini per la pubblicazione della rettifica, e quali le conseguenze in caso di non pubblicazione?
La norma prevede che la rettifica vada pubblicata entro due giorni dalla richiesta (non dalla ricezione), e la richiesta può essere inviata con qualsiasi mezzo, anche una semplice mail. La pubblicazione deve avvenire con “le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”, ma ad essa non possono essere aggiunti commenti. Nel caso di mancata pubblicazione nei termini scatta una sanzione fino a 12.500 euro. Il gestore del sito non può giustificare la mancata pubblicazione sostenendo di essere stato in vacanza o lontano dal blog per più di due giorni, non sono infatti previste esimenti per la mancata pubblicazione, al massimo si potrà impugnare la multa dinanzi ad un giudice dovendo però dimostrare la sussistenza di una situazione sopravvenuta non imputabile al gestore del sito.

Se io scrivo sul mio blog “Tizio è un ladro”, sono soggetto a rettifica anche se ho documentato il fatto, ad esempio con una sentenza di condanna per furto?
La rettifica prevista per i siti informatici è quella della legge sulla stampa, per la quale sono soggetti a rettifica tutte le informazioni, atti, pensieri ed affermazioni ritenute dai soggetti citati nella notizia “lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Ciò vuol dire che il giudizio sulla assoggettabilità delle informazioni alla rettifica è esclusivamente demandato alla persona citata nella notizia, è quindi un criterio puramente soggettivo, ed è del tutto indifferente alla veridicità o meno della notizia pubblicata.

Posso chiedere la rettifica per notizie pubblicate da un sito che ritengo palesemente false?
E’ possibile chiedere la rettifica solo per le notizie riguardanti la propria persona, non per fatti riguardanti altri.

Chi è il soggetto obbligato a pubblicare la rettifica?
La rettifica nasce in relazione alla stampa o ai telegiornali, per i quali esiste sempre un direttore responsabile. Per i siti informatici non esiste una figura canonizzata di responsabile, per cui allo stato non è dato sapere chi sarà il soggetto obbligato alla rettifica. Si può ipotizzare che l’obbligo sia a carico del gestore del blog, o più probabilmente che debba stabilirsi caso per caso.

Sono soggetti a rettifica anche i commenti?
Un commento non è tecnicamente un sito informatico, inoltre il commento è opera di un terzo rispetto all’estensore della notizia, per cui sorgerebbe anche il problema della possibilità di comunicare col commentatore. A meno di non voler assoggettare il gestore del sito ad una responsabilità oggettiva relativamente a scritti altrui, probabilmente il commento (e contenuti similari) non dovrebbe essere soggetto a rettifica.

@valigiablu
Cosa non va in questa norma: @bruno saetta