lunedì 31 dicembre 2007

Discorso di fine anno


Antonio è stato mangiato vivo dal fuoco. Per lui non c'è stato niente da fare già in quella notte maledetta, il 6 dicembre.

Roberto era votato allo straordinario, lo faceva per sua moglie e i suoi bambini. Al suo arrivo in ospedale, non faceva che chiedere di loro.

Angelo l'avevano trasferito a Terni. Ma, con la famiglia a Torino, ditemi voi se quella poteva essere considerata una sistemazione soddisfacente.

Per Bruno quello doveva essere l'ultimo giorno di lavoro in fabbrica. La sua vita nuova l'avrebbe iniziata dando una mano alla fidanzata con la gestione del bar.

Dopo una vita di lavoro, Rocco a fine mese sarebbe andato in pensione e finalmente si sarebbe dedicato esclusivamente ai suoi affetti.

Rosario non doveva essere di turno, lo aveva scambiato con un suo collega. Del resto, piccole cortesie di questo genere, sul posto di lavoro, vanno e vengono.

Giuseppe ha lottato come un leone. Tra tre giorni lo avrebbero sottoposto a un trapianto di cute. Ma "Mase" - come lo chiamavano gli amici - è rimasto aggrappato alla vita soltanto fino a ieri.
Le hanno chiamate "morti bianche", come se alle morti ingiuste si potesse affibbiare un colore. Sono i morti della Thyssen Krupp di Torino, il più giovane aveva 26 anni, il più anziano 54.
Il presidente Napolitano ha parlato anche di loro nel discorso di fine anno. Serve giustizia e serve che quelle famiglie non vengano abbandonate. Pretendiamo più controlli. E coscienza. E senso di responsabilità.

sabato 29 dicembre 2007

Il sabato del villaggio


Quella di far salire il potere d'acquisto degli italiani sarà la priorità del 2008. Lo scrive Panorama. "Perchè ormai è sotto gli occhi di tutti che le retribuzioni sono mediamente basse, - si legge nell'inchiesta - inferiori rispetto ai principali Paesi europei".

Bene, prima di soffermarci al nostro orticello, proviamo a sbirciare i buoni propositi dei nostri vicini:


- in Francia: Per rilanciare il potere d'acquisto, il presidente Nicolas Sarkozy pensa a un piano che prevede - a livello aziendale - la possibilità per le parti sociali di negoziare il ritorno alle vecchie 39 ore di lavoro settimanali in cambio di aumenti di stipendio. Monsieur le Président, inoltre, ha già abolito la tassa di successione e la fiscalità sugli straordinari e ora mira a ridurre il carico fiscale. In Francia, metà delle famiglie non paga le imposte sul reddito e non esiste prelievo alla fonte sul salario dei lavoratori dipendenti.


- in Germania: Secondo il settimanale Der Spiegel, in Germania cresce la diseguaglianza economica. Il Partito socialdemocratico propone di introdurre stipendi minimi garantiti per tutte le categorie professionali.


- in Spagna: L'inflazione tocca il tetto del 4,1%, il peggior dato degli ultimi sette anni. Ma la cosa non preoccupa il governo, visto che l'80% dei salari gode dell'Accordo di negoziazione collettiva (Anc), una sorta di scala mobile che aggancia l'aumento dei prezzi agli stipendi. Con una pressione fiscale del 36,7%, inoltre, Zapatero riesce ad aumentare il salario minimo e tagliare le imposte dirette, lasciando ai lavoratori quel 6% medio che prima veniva trattenuto in busta paga.


A titolo di informazione, l'aumento medio dei salari negli ultimi cinque anni è cresciuto dell'11% in Danimarca e del 7% nei Paesi Bassi.

E in Italia? La Uil ha un'idea. Anche la Cgil. E pure la Cisl. Uh, anche Confindustria. E dal governo arrivano belle parole. Sempre sullo stesso settimanale il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, afferma di voler "agire su due versanti per migliorare il potere d'acquisto. Uno è il modello contrattuale, l'altro la pressione fiscale". Frasi sante. E l'opposizione? Che dice l'opposizione? "E' ora che anche la politica inizi a spendere meno, e meglio". Ma che belle parole. E visto che il 2007 sta volgendo al termine, anche a me viene da dire la mia: "Questo di sette è il più gradito giorno/ pien di speme e di gioia:/ diman tristezza e noia / recheran l'ore, e al travaglio usato/ ciascuno in suo pensiero farà ritorno" - Giacomo Leopardi, "Il sabato del villaggio"

venerdì 28 dicembre 2007

Giornalisti: un segreto lievemente professionale

La cosa di per se’ sarebbe anche semplice: qual è il compito di un (bravo) giornalista, secondo voi? Direte: informare l’opinione pubblica di quanto accade, di quanto verrebbe altrimenti celato, di quanto va semplicemente reso noto. Bene. Adesso leggete qui:

Palermo, 27 dicembre 2007. La polizia su mandato della Procura di Palermo ha effettuato nel pomeriggio una perquisizione nella redazione palermitana del quotidiano "La Repubblica". Un blitz a sorpresa, durante il quale sono state perquisite le postazioni di lavoro e le abitazioni dei giornalisti Francesco Viviano e Alessandra Ziniti (autori degli articoli sul libro mastro del boss mafioso Salvatore Lo Piccolo) e del caporedattore Enzo D´Antona, e sono stati portati via i loro tre pc. L´ipotesi di reato contestata è rivelazione e utilizzazione di segreti d´ufficio, in relazione alla pubblicazione del libro mastro del boss mafioso Salvatore Lo Piccolo. Il provvedimento ha suscitato scalpore. (…)(Fonti: Ansa e http://palermo.repubblica.it/).

E pensare che:
"Con le sentenze Goodwin, Roemen e Tillack, la Corte di Strasburgo impone l'alt alle perquisizioni nelle redazioni e tutela le fonti dei giornalisti. Pm e giudici italiani devono indagare solo sui loro collaboratori (che "spifferano" le notizie) e non su chi riceve l'informazione in maniera pulita". (http://www.francoabruzzo.it/)

giovedì 27 dicembre 2007

Benazir, Benazir: cosa non abbiamo fatto?


Credo che abbiamo l’obbligo morale di non far passare la morte di Benazir Bhutto sotto silenzio. Sono trascorsi circa due mesi dal suo ritorno in Pakistan. Leader del Partito Popolare, due volte premier (la prima donna a diventarlo in un Paese musulmano) – nel 1988 e nel ’93 – , Benazir viveva in esilio a Londra perchè accusata di corruzione. Al rientro a Karachi, fu accolta da folle festanti e da due autobomba che trasformarono la piazza gremita in mattatoio. Oltre 130 persone persero la vita mentre accoglievano la speranza di un futuro diverso. Due mesi fa mi capitò di leggere uno stralcio di testimonianza di un pastore che vive nella parte orientale del Paese. Un uomo disperato, perché non sapeva se sarebbe riuscito a esaudire un desiderio dei suoi bambini: quello di riuscire a mangiare, almeno per una volta, pollo. Le minacce a Benazir non sono mai cessate. Anche suo padre, Primo ministro del Pakistan negli anni ’70, finì assassinato. Quella volta fu per mano degli uomini del generale Zia.

Adesso mi chiedo: cosa si poteva fare per proteggerla, dove abbiamo sbagliato e cosa ha fatto paura agli assassini della Bhutto? Donna, Occidente, potere, elezioni, cambiamento?