martedì 31 luglio 2007

Alloggi popolari: un problema grosso quanto una casa






Maggio 2006


Diritto alla casa, sicurezza e riqualificazione dei quartieri popolari. “C’è da dire una cosa: io mi occupo delle case popolari perché sono innamorata, delle case popolari”. E’ Carmela Rozza, dal 1999 Segretario generale del SUNIA-CGIL. Obiettivo del Sindacato Unitario deli Inquilini Assegnatari è la piena integrazione tra periferia e città, un modello urbano basato su solidarietà, decoro e dignità. A Milano il prezzo dei canoni d’affitto è diventato insostenibile: sono aumentati gli sfratti, le morosità, la richiesta di nuove case popolari. Precarietà economica e precarietà abitativa hanno generato la nuova povertà e sono andate a sommarsi al diffuso disagio abitativo di giovani e anziani. Nei quartieri popolari ciò si riflette nel degrado sociale - dovuto spesso alla concentrazione in un unico complesso abitativo di un gran numero di persone o famiglie con grossi problemi di inserimento sociale - ed edilizio, per la mancanza di manutenzioni ordinarie e straordinarie.
“Il disagio si percepisce chiaramente: sulle scale dei caseggiati i giovani rubano soldi, minacciano la sicurezza degli abitanti, spacciano droga, leggera e pesante. Nei quartieri popolari la socialità è di casa, la vita quotidiana è inevitabilmente collegata con quella degli altri, nel bene e nel male – scrive un ragazzo del Corvetto, periferia di Milano, sul bollettino del Sindacato – I giovani che vivono nei quartieri vicini al centro sono più fortunati di quelli di Quarto Oggiaro o di Corvetto: c’è un problema di accesso e di qualità dei servizi e delle opportunità”.
La nuova emergenza casa pone seri problemi agli amministratori locali: non si devono ripetere gli errori del passato - le periferie troppo delocalizzate e separate dal contesto generale della città che hanno fatto dei quartieri popolari dei veri e propri ghetti - e va tenuta in considerazione la presenza di etnie e culture diverse tra i cittadini che hanno bisogno di casa ad affitti contenuti e l’esigenza di migliorare la mobilità.
Il bando pubblico per l’assegnazione degli alloggi è biennale. Sono 16.000 le famiglie che hanno fatto richiesta di casa popolare e delle circa 10.000 sottoposte a sfratto, oltre 1.000 sono costituite da anziani. Non si riesce più a sostenere i costi dell’affitto. La lista d’attesa delle emergenze abitative – ossia quelle situazioni che riguardano lo sfratto o il grave degrado dell’alloggio - è costituita da 2.537 nuclei familiari. I cittadini con sfratto esecutivo, cioè sentenziato dal Tribunale, sono 106. Soltanto nel 2005, a Milano sono stati eseguiti 1.200 sfratti. Tra le persone che hanno perso la casa, 274 sono anziani.
Vanno poi aggiunte le 70.000 famiglie che abitano nel settore privato e che non hanno i soldi necessari per pagare gli aumenti richiesti dal libero mercato. Chi ha stipulato contratti di locazione tra il 2002 e il 2005, infatti, ha dovuto pagare rincari tra il 100 e il 250% rispetto al contratto precedente. Oggi il Comune, secondo i dati forniti dal SUNIA, può disporre di solo 30 appartamenti. In 10 anni ne sono stati costruiti appena 495 destinati all’edilizia popolare e le risorse messe in campo dalla Regione riescono a coprire appena il 45% delle domande. Per giunta, tra il 1991 e il 2001, il caro-casa ha spinto 110mila persone – l’8% dei residenti - a lasciare Milano per trasferirsi nei paesi limitrofi.
Nel maggio 2005, Palazzo Marino ha deliberato la costruzione, nell’arco di dieci anni, di 16.730 alloggi. Tra questi ci sono quelli destinati a famiglie che hanno un reddito non inferiore a 14.500 e non superiore a ai 17.500 euro all’anno. Secondo il regolamento della Regione Lombardia del febbraio dello stesso anno, il canone dovrebbe essere di circa 500 euro al mese, spese escluse. Secondo il SUNIA, si fa riferimento ad un tetto di reddito troppo basso per la maggior parte delle famiglie che non possono accedere, comunque, al mercato privato, e un canone troppo alto per coloro che non hanno i requisiti economici per abitare queste case. Inoltre, le aree individuate dal Comune per la costruzione di case a canone moderato sono attualmente occupate da attività di interesse pubblico, come mercati comunali, piccoli parchi o aree verdi, parcheggi pubblici ATM. Alcune sono vincolate al Naviglio, altre ancora sono attraversate dai tralicci degli elettrodotti – quindi dannose per la salute dei cittadini -, in via Calvino c’è addirittura un’area a vincolo cimiteriale.
Ulteriore problematica degli alloggi popolari è l’abusivismo. Oltre il 10% dei cittadini che risiede a Milano vive nelle case popolari. In tutto sono circa 133.000 persone. In questo dato sono compresi anche 21mila cittadini che occupano 9mila case direttamente gestite dallo Stato. L’occupazione illegale delle case popolari ALER conta circa 4.600 persone. Per il SUNIA sono necessari provvedimenti urbanistici e nuove leggi sull’affitto in grado di trasformarsi anche in uno strumento economico per i soggetti privati che scelgono di investire le proprie risorse nel settore. Per Carmela Rozza va favorita la convivenza di famiglie di diverse estrazioni sociali: “Deve essere il punto fondamentale attorno al quale realizzare i nuovi quartieri popolari e riorganizzare quelli già esistenti”. Sindacati e comitati devono farsi strumento di partecipazione e vera informazione per i cittadini dei quartieri. “Solo in questo modo, dalle istituzioni, si può pretendere informazione e trasparenza”.

Nessun commento: