giovedì 1 marzo 2012

Disperata, erotica e stomp

Non sopporto quando mi chiedono "Come stai?" quando si vede lontano un miglio che sto male, né "Va meglio, oggi?" quando è palese che sì, passata è la tempesta. Odio la retorica, i piagnistei, le frasi fatte e chi si lamenta a prescindere, che finisce dritto nella black list di quelli che tengo a debita distanza. E l'embargo a volte può durare giorni, altre mesi, poche per sempre. Preambolo per dire che la morte di Lucio Dalla mi tocca, e pure di molto. Perché di ricordi si campa tutti, soprattutto quando si fanno "patrimonio nazionale".

Nel mio strapiccolo claustrofobico, ricordo quando telefonavo la domenica mattina in radio a mio zio, per chiedergli di passare "Attenti al lupo" o quando scoppiai in lacrime in macchina davanti a un mio ex cantando - e irrimediabilmente storpiando - "Tu non mi basti mai". Qualche giorno fa, poi, canticchiavamo in casa "Canzone", con Robbo, perché c'è Napoli dentro ed è rasserenante: io con lo strofinaccio intrecciato sulla testa, lui coi mestoli in mano.

E poi ritorna quel giorno di quasi sette anni fa, quando lo incontrai, Lucione, per caso, in una libreria a Milano. Sola io, solo lui. Si aggirava, come me, tra gli scaffali. Allora mi avvicinai e lo colpì "Sostiene Pereira" di Tabucchi, che avevo in mano. Pochi istanti dopo andò a rifugiarsi nella tabaccheria di fronte, perché gli mancava il sigaro. Io ero scesa da un paio d'ore dal treno, il giorno dopo avrei avuto i test per la scuola di giornalismo. Insomma, "tutti e due a far qualcosa di importante, di unico e di grande".

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