lunedì 21 maggio 2012

Amarcord

Da Visconti a Scola, da Monicelli ad Amelio, da Matarazzo a Garrone. La sezione dedicata ai film che raccontano gli italiani è quella davanti a cui mi soffermo di più. La mostra più bella dell'anno e che vorrei tanto un figlio per potercelo portare si chiama Fare gli italiani, 150 anni di Storia nazionale, ed è alle OGR-Officine Grandi Riparazioni di Torino. Mi appoggio alla balconata del piccolo anfiteatro, le pellicole vanno in loop e piango, piango e piango come fossi da sola. Sarà che sto invecchiando ma no, non trovo siano da nascondere, queste lacrime. Mi capita spesso, ultimamente: come durante Pro Patria di Ascanio Celestini (in scena fino al 27 maggio al Teatro Grassi di Milano), l'altra sera a una mostra, leggendo, ascoltando una voce che esce dal telefono. C'è stato un tempo in cui non lo facevo mai, ora sono grata a chi mi ha fatto riscoprire che l'emozione è tutto nella vita.

Dal resto mi son sentita avvolta -gli spazi-, ho provato malessere profondo -le divise nere dei fascisti e le copertine de 'La difesa della razza'-, emozionata -scovando all'improvviso una ketubà-, rabbiosa di quella rabbia che nasce dal dolore e dall'impotenza -nella sezione dedicata alle vittime delle mafie-. Tra le storie, che ho scelto di farmi raccontare, quelle di Carlo Alberto Dalla Chiesa e Pio La Torre, di cui ho la fortuna di occuparmi grazie a un progetto che sto seguendo in questo periodo.

Brindisi, Ferrara, L'Aquila, in tre giorni: l'Errante fa l'Errante e la cosa che più gli invidio stasera è che dorme a casa dai miei. Da sola non ci volevo stare e una bella combriccola sconclusionata si è autoconvocata a casa mia: chi scrive, chi legge, chi si innervosisce perché c'è troppo casino in poco spazio e così non si può lavorare, chi prepara spaghetti, chi mi fischietta Nino Rota. "Simili con simili": pensare quant'ho riso quando me l'ha detto un mio direttore la prima volta. Quanto mi fa bene ripensare ora a quella lezione di vita quando faccio fatica a farmi capire.

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