giovedì 27 dicembre 2007

Benazir, Benazir: cosa non abbiamo fatto?


Credo che abbiamo l’obbligo morale di non far passare la morte di Benazir Bhutto sotto silenzio. Sono trascorsi circa due mesi dal suo ritorno in Pakistan. Leader del Partito Popolare, due volte premier (la prima donna a diventarlo in un Paese musulmano) – nel 1988 e nel ’93 – , Benazir viveva in esilio a Londra perchè accusata di corruzione. Al rientro a Karachi, fu accolta da folle festanti e da due autobomba che trasformarono la piazza gremita in mattatoio. Oltre 130 persone persero la vita mentre accoglievano la speranza di un futuro diverso. Due mesi fa mi capitò di leggere uno stralcio di testimonianza di un pastore che vive nella parte orientale del Paese. Un uomo disperato, perché non sapeva se sarebbe riuscito a esaudire un desiderio dei suoi bambini: quello di riuscire a mangiare, almeno per una volta, pollo. Le minacce a Benazir non sono mai cessate. Anche suo padre, Primo ministro del Pakistan negli anni ’70, finì assassinato. Quella volta fu per mano degli uomini del generale Zia.

Adesso mi chiedo: cosa si poteva fare per proteggerla, dove abbiamo sbagliato e cosa ha fatto paura agli assassini della Bhutto? Donna, Occidente, potere, elezioni, cambiamento?

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