lunedì 26 settembre 2011

Remedios

"Sento che vi divertite e io sono sola: non è che posso stare un po' con voi?": la mia vicina di casa, origini campane e sulla settantina, intorno alle undici dell'altra sera. Al suono del campanello mi sono sentita morire: ho pensato che dopo le voci alte per una discussione piuttosto accesa, stemperata poi da Vicio che ha iniziato provvidenzialmente a suonare, la rimostranza ci stava tutta. Oddio, forse anche i vigili. Invece mi sbagliavo.

La discussione, dicevo,  è partita appena ho rimesso piede in casa di ritorno da Torino. Tema: la Palestina. Cinque/sei le parti dibattenti. Il riconoscimento dello Stato, l'Onu, la figura di Mahmoud Abbas alias Abu Mazen, Obama e la sua campagna elettorale, l'Egitto, la Turchia, la Siria, l'Iran, la primavera araba che - a mio avviso - primavera ancora non è, perché non è chiaro il ruolo e il futuro di formazioni estremiste, dei Fratelli Musulmani, Netanyahu, Arafat, la Guerra dei sei giorni, quella del Kippur, Gaza e la Cisgiordania, Sharon - sì lui, Sharon - come dissolto dopo l'ictus. Insomma, tutto quello che può venire fuori quando un gruppetto di infoiatos si incontra. Con l'aggravante che io il Medio Oriente lo amo e lo amo alla follia, e non sono l'unica.

Poi Vicio ha preso a cantare Remedios, di Gabriella Ferri. E Pina, con la quale dall'età di 16 anni divido anche il sonno, ci ha rivelato che tra qualche mese arriverà Rebecca, o Samuele. Chissà, l'importante è che sarò io a stringerle la mano in sala parto, assieme a sua mamma. Io, che per fare le analisi del sangue torno a L'Aquila, dall'infermiere di fiducia, che mi ha vista crescere e che mi vezzeggia ancora come una bimba. Io che solo a sentire odor di ospedale svengo. Rebecca, Samuele o chiunque ci sia là dentro: sento che ce la farò.

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