lunedì 26 dicembre 2011

Parole e memoria

Stringo le mani di Roberto. Stringo per sentire meno dolore. Due voli e uno scalo a Francoforte perché "il peggio" non mi colga sola. Dobbiamo essere pronti, ci viene detto. Sediamo e aspettiamo di poter entrare, mentre vedo cadere tutti gli anni passati per terra. Penso al peso della memoria, al tempo che non ritorna, a quello sprecato, al patrimonio affettivo e culturale di cui, inevitabilmente, sarò privata. Vorrei aggrapparmi al tempo, riportarlo indietro, riaccendere lo sguardo e la mente. Penso che avrei dovuto prevederlo e non farmi cogliere così alla sprovvista. Mi colpevolizzo, provo amore -  fortissimo - e senso di appartenenza. Mi misuro con la mia impotenza.

Dai finestroni l'Appennino innevato rompe il fiato. Robbo, ispirato, recita piano pezzi de "L'infinito". Ai minuti seguono minuti. Anche Andy ci ha raggiunti:  non sa bene che fare e va su e giù per il corridoio. E mi distrae. Prende a fissare l'infermiere dalle braccia tatuate. "Che dici - mi fa -: se fingessi di cascare svenuto, mi soccorrerebbe?".Troppo surreale, abbozzo un sorriso. Finisce che ci scappa da ridere: stretti, abbracciati su una panca, al neon di una corsia. Di nuovo, finalmente, in tre.

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