martedì 28 dicembre 2010

Annarella

Un fiume in piena di fiori, canti, musica e ragioni da vendere. Un groppo in gola quando l'ho visto chiudere la tangenziale Est e sentire: "E adesso andiamo a L'Aquila". Gli automobilisti applaudire: "C'avete raggione", "fate 'bbene". Core de Roma. Roberto raggiante che scende dal tetto di Architettura . "Dimmi dove sei stata, dimmi che hai visto che la connessione mi ha abbandonato". Brunetto, 8 anni di spasso, e in braccio Sara, un amore di 2 appena. Le feste del cane. Nascosta, una vera lettera d'amore. Si svela mica così, il profumo dei ginepri viene dopo. Cumuli di neve alta quanto me. Gli scarponi e subito vetta. Gambe in spalla, si cammina duro. Passi brevi, fare il fiato. Poi più su e il freddo passa. Un binocolo e scopri la meraviglia. Nell'aria solo richiami dei selvatici. Il rifugio, come premio. I canti dei compagni come guida. Un bel brindisi di grappa, e passa la fatica. Il pieno di tutto, per favore, che poi mi tocca scendere. Il buio. Il fuoco delle fiaccole come unica guida. La giusta distanza per non tirare giù il prossimo tuo, 'ché non è mica cordata.

La pineta, il bivio, la breccia che frana. "Uh, adesso dove vado?" mi dico piano, tranquilla. Roba da far raggelare una qualsiasi Cappuccetto rosso. Stefano, davanti a me. Al buio non l'avevo visto. Mi allunga la mano, mi afferra, accende la torcina da speleologo. Come mandato dal cielo, esattamente come cinque anni fa. Ripenso. Era il 17 agosto del 2005. Allora mi riportò praticamente a spalle fino a valle: non sapevo scendere. Mi viene la pelle d'oca. "Imparerai, piano piano", allora. "Ti tengo io, tu gira i piedi", in questa notte del 26 dicembre. Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così - mi viene subito in mente -. Non dire una parola che non sia d'amore.

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